giovedì 31 dicembre 2009

2010 tra non tanto.

Una guantata di ore al 2010.
Che dire, che pensare.
Non sono dove vorrei.
Non sono come vorrei.
Se proprio vogliamo essere esosi, nei sogni...se questo fosse davvero, come diceva il buon filosofo, il migliore dei mondi possibili...allora io vorrei essere una persona forte e sicura, e magari che ne so, vorrei essere a Berlino.
E' l'ultimo sogno del 2009, questo. E l'ultima puttanata dell'anno bisogna dirla col botto, se non che capodanno sarebbe.
Ammesso questo, sono qui, invece.
Che rispetto ad altre opzioni tipo cenoni, trenini brigittebardortbardot ricchi premi e cotillon, è già, in effetti, il meno schifoso degli scenari possibili (e propostomi).
Come che sia, un altro anno già se ne scompare per le bianche ceramiche del wc.
Auguro a chi mi legge che il 2010 sia anno in cui si consegue e si ottiene ciò che si merita.
E aggiungo una manciata di baci, prima di avventarmi sul fiero pasto. Non so che farci, adoro le fragole.

domenica 27 dicembre 2009

revisioni...previsioni...visioni?

Il 31 dicembre 2008 scribacchiavo su questo blog, sperando nel 2009.
Questo di tanta speme oggi mi resta.....un pitale pieno di guano calato bene sulla testa!, disse il poeta.
Il 2009 è stato anno di fatica. Tanta fatica.
Ogni tanto sembrava dovesse aprirsi uno spiraglio di luce, ma erano solo allucinazioni.
Legate al caldo, forse, visto che l'estate è stato il momento culminante della distruzione.
Devo fermarmi. Pensare. Qualcosa devo salvare in questa palude putrescente, non si può far affondare tutto senza lottare. Devo pensare. Ci vuol tempo, a pensare.
Me ne rendo conto mentre corrono le lancette sull'orologio.
Ma qualcosa ho trovato, a forza di scandagliare i fondali purulenti.
Ho fatto un paio di cose che non credevo possibili: vedi alla voce "cancrena". Ho tagliato, sto tagliando, via da me quelle parti marce che mi mangiavano, da anni ormai, la carne viva.
Faccio ancora fatica a farlo, sono ancora in evoluzione, ma mi rafforzo, lo faccio con sempre maggiore determinazione.
E di questo devo ringraziare anche chi mi ha fatto precipitare giù giù e ancora più giù negli abissi dell'umiliazione e dello squallore.
Grazie anche a questo, dopo aver raccattato le briciole calpestate dagli altri, sto scoprendo che posso non farlo. Che ce la faccio, a non farlo. Che forse potrò, un giorno, anche avere qualcosa di diverso.
E completa il paio il fatto che, comunque, io sono ancora qui.
E, dal mio punto di vista, è qualcosa che non è poi così poco e che un po' mi stupisce. Riesco ancora a sorprendere me stessa.
E' stato un anno di merda.
De Andrè era ottimista col suo letame e i suoi fiori, io vorrei solo evitare di soffocarci dentro, nel 2010.

giovedì 24 dicembre 2009

merry...

Io continuo ad essere atea, ma qualche augurio di buon natale continua ostinatamente ad arrivare.
Ho pensato che sarebbe troppo scortese da parte mia non ricambiare, soprattutto nei confronti di certe persone.
A loro, con tutta la simpatia che mi pervade in questo maledetto periodo di scambio di pacchetti e di stronzate, dedico questi miei auguri:

martedì 22 dicembre 2009

cinì

Nonostante i momboot, pattino sgraziatamente sul ghiaccio.
A dire il vero più che altro avanzo inesorabile come una valanga ubriaca.
L'uomo che cammina nella mia direzione, anche lui di fianco, e non sopra, al marciapiede ghiacciato, pare essere molto più stabile di me, sulle gambe.
Per questo lo noto, e lo guardo.
E poi continuo a guardarlo, perchè ti somiglia.
Così sto lì, a braccia spalancate per mantenere l'equilibrio, e gli sorrido. non posso farne a meno. mi viene.
Non avrei dovuto osare tanto: questo sposta il mio baricentro precario quel tanto che basta per farmi precipitare al suolo.
E, miracolo, mi acchiappa, l'uomo che ti somiglia. (L'uomo che, noto, neanche ha i monboot, ai piedi...no, scarpe normali. Stupisco).
Al volo, mi acchiappa. Impedisce al mio gomito di frantumarsi al suolo, stringendolo, e nel frattempo anche lui sorride: "..attenta,cinì, che si sfolga!!"
Già. Attenta, piccolina, che si scivola.
Sorrido ancora, ma è un sorriso diverso. E' solo un sorriso di grazie.
Mentre se ne va, per un attimo vorrei trattenerlo per il braccio e dirgli che tu cinì non lo diresti mai.
Che non lo so come diresti tu, ma non cinì. E nemmeno sfolga.
E che già che ti somiglia, potevano anche dargli un copione migliore. Più credibile.
Ma lascio perdere, non credo apprezzerebbe.
E poi ha ragione.
Buon proposito per il 2010:
Ricordati, cinì, che se ti distrai, ghiaccio o non ghiaccio, la tua vita tende a sfolgare.

lunedì 21 dicembre 2009

...bianco.

Fuori dal finestrino del treno delle 7.3o (quello che prendeva la Pausini dopo che Marco se l'era filata?), la neve cancella la linea dell'orizzonte.
E' tutto perfettamente bianco. Uniforme.
Sembra di correre attraverso il niente, viene da chiedersi, come in Amarcord, e se la morte fosse così?
"....ma se la morte è così...non è un bel lavoro..."
Ogni tanto appoggio la fronte al vetro, e dopo qualche secondo la puntura del freddo mi dice che, ancora, sono viva, e che no, non sono già nell'anticamera artica dell'inferno.

sabato 19 dicembre 2009

bollettino

Davanti casa, stamattina affondavo fino a metà polpaccio. Era strano, tutto buio e un vorticare bianco.
Continua a nevicare.
I termosifoni continuano ad essere rotti.
In casa continuano ad esserci 14°C.
Io continuo a dormire con la cuffia di lana e a tenere i mezzi guanti anche quando mangio.
In pratica..niente di nuovo sul bianco fronte occidentale

p.s. aggiunto dopo il commento di Wolf.
Il freddo non mi piega. sono un coniglietto tosto, vedere per credere:

giovedì 17 dicembre 2009

in un libro letto qualche tempo fa

c'era questa battuta.
A me era piaciuta molto, oggi mi torna in mente.

"A proposito, la sai questa? Qual è la fregatura peggiore dell'essere atei?"
"Mi arrendo"
"Non hai nessuno a cui parlare mentre vieni".
(L'inferno comincia dal giardino, J. Lethem)


Non per niente Minimum fax è la mia casa editrice del cuore.


mercoledì 16 dicembre 2009

Definizioni

Se fossi napoletana direi che mi sento "una mappina".
Se fossi milanese userei la parola"rumenta".
Volendo evitare i dialettismi, al momento, sul dizionario, alla voce Alice trovate la seguente definizione: "bolo di cibo e pelo vomitato dal gatto di casa in una giornata di particolare acidità di stomaco".
Gioiamone.


...e comunque sia...fottuto 2009, ti stai giocando le ultime cartucce.
Stai per finire. Com'era la frase?
Merda eri e merda ritornerai?
E' proprio il caso di dirlo. Merdimonio.

lunedì 14 dicembre 2009

Oggi era una giornata lunga, piena di impegni.
E c'era anche la neve.
E poi ...e poi...e poi , maestra, il cane mi ha mangiato i compiti, ecco.
Chissà se tutto questo giustifica il fatto che a un certo punto, alle 5 del pomeriggio, nella mezz'ora tra un paziente e l'altro...dovevo riguardare alcune cose..e invece ho chiuso gli occhi un attimo.
E nella mia testa si è formata la frase: "...e così l'ingegnere era diventato un cavedano".
Ci sarà da preoccuparsi? Boh..so solo che stavo per addormentarmi e quella frase mi ha risvegliata.
E subito dopo, senza soluzione di continuità, ho visto per un momento davanti a me la tua faccia e ho pensato,tra me e me:"...da allora non mi è più capitato di fare l'amore".
E' più assurda la metamorfosi ittica di un ingegnere, o il fatto che il fare l'amore possa "capitare"?
Boh.
Forse è colpa della neve. O che avevo mangiato poco a pranzo. O del falco che è sceso in picchiata rubandomi i compiti, lo giuro signora maestra.
non lo so.
E' stata una giornata così.
E ora torno a casa e penso ancora ai cavedani, che mio padre li pescava, tutti quegli anni fa.
E penso un attimo a te, al fatto che vorrei prenderti a pugni le braccia, perchè non possano, ancora, stringere un'altra donna.
E' stata una giornata così.
Mi perdoni, mi perdoni, mi perdoni, signora maestra.
Ora vado alla lavagna e scrivo cento volte "devo lavorare meno e dormire di più."

venerdì 11 dicembre 2009

ecco. esattamente così, la penso.


"Se il Natale fosse una persona, uscirei in una notte di nebbia a tagliargli la gola, poi mi costituirei e passerei felice il resto della mia vita a guardare video dietro le sbarre"

(Curtin - La lega antiNatale)


giovedì 10 dicembre 2009

ma tu

L'atmosfera, nei colloqui con C., è sempre particolare.
A metà tra infanzia e giovinezza, a metà tra una realtà condivisa e una in cui non può entrare nessuno.
Il confine è fragile, sottile. Nello spazio tra una parola e l'altra può succedere di tutto.
Ora che si è fatto inverno, ho messo una coperta, lì, sul tavolino.
A volte qualcuno si lamenta che nello studio fa un po' freddo. Coscienziosamente, mi domando se non sia un modo per dire che mi sentono fredda, che non si sentono abbastanza accolti.
ma potrebbe anche essere freddo e basta ( a volte un sigaro è solo un sigaro).
E così ho aggiunto la coperta. utilissima una coperta, Linus dei Peanuts insegna.
A C. piace, la coperta. Si raggomitola lì sotto, o la usa come scialle, come bandiera, come tenda tra noi, alle volte.
Questa volta se l'è tirata bene bene su, fino quasi al naso, mentre divaga sulla sua storia d'amore con questo attore californiano di cui ora non ricordo il nome.

...
Io: vedi...c'è una cosa che vorrei capire meglio. Cosa intendi tu per "avere un ragazzo"? Per esempio, io penso sia difficile avere una storia d'amore con qualcuno che non si conosce.
Lei: (abbassando la coperta di colpo, e inclinandosi verso di me)...ma perchè..tu...tu quando avevi il moroso, lo conoscevi?
...

Sul momento ho sorriso, prima di rispondere con un'altra domanda. La coperta, nel frattempo, fluttua all'altezza dello sterno. Siamo in una giornata produttiva.
Poi C. mi abbraccia e se ne va, e la mia testa deve fare posto a qualcun altro.
Solo che quella frase, boh, si è impigliata da quache parte, e così ci ripenso, ora che giro per casa e ogni tanto trovo oggetti che ora sono miei ma che furono dono o traccia di qualcun altro.

Ma io. quando avevo il moroso. io. lo conoscevo?

Quanto effettivamente conosciamo qualcuno, e quanto invece non siamo noi ad appiccicargli addosso una serie di post it con i nostri pregiudizi, intuizioni, speranze, esperienze pregresse, e così via.
Ma anche volendo...sarebbe possibile spogliarsi di tutto ciò?
Che domande difficili fanno, a volte, i pazienti.

mercoledì 2 dicembre 2009

ah..i dubbi.

Ho ricominciato a scrivere.
Ecco, magari "scrivere", è un po' eccessivo.
ho ricominciato a mettere su carta, o su file .doc, le storie che a volte si dipanano nella mia testa.
Era tanto che non scrivevo, a parte quel racconto nato in quella stanzetta d'albergo mesi fa.
Ora ho ricominciato.
Trascrivo le parole prima che si dissolvano nuovamente.
Partecipo, senza parere, a qualche concorsetto qua e là. E questo, davvero, erano secoli.
Secoli che non lo facevo.
L'ultima vittoria a quanti anni fa risale? parecchi, roba di adolescenza, presumibilmente.
Cosa vorrà dire?
Proviamo con il sillogismo alla Woody Allen
"a) Socrate è un uomo;
b)ogni uomo è mortale.
Quindi ogni uomo è Socrate? Quindi ogni uomo è omosessuale"

Duuunque

a) scrivo quando sono triste
b) scrivere mi fa bene
c) essere triste mi fa bene? Scrivere mi fa diventare triste? O forse sono Socrate e sono omosessuale?

nel dubbio, io continuo.

lunedì 30 novembre 2009

insight

A volte all'improvviso si squarcia il velo di Maya, e intravedo qualcosa di me che non vorrei vedere.
Mi costa uno sforzo enorme, continuare a guardare.
Certe volte mi deludo proprio, da sola.
Come quando mi rendo conto, in un momento, di aver perso di vista tutto tranne il dolore che sento io.
Oggi ti ho guardata, e ho visto la gioia e la bellezza e la vita. Non vedevo altro.
Poi c'è stato quel piccolo movimento, e mi sono ricordata di un'altra volta in cui l'hai fatto.
E mi sono ricordata di quanto stavi male, per quanto non ne parlassi mai.
E' questo che mi ha colpita. Tu non ne parlavi mai. Ne hai accennato solo qualche mese fa.
Solo ora che l'uragano è passato. E allora ho cominciato a capire. A vedere.
E mi domando se non avrei potuto fare di più, per aiutarti e per metterti in condizione di sentirti accolta, di sentire che avresti potuto parlarne.
Perchè è così, avresti potuto.
Eppure...tu non parlavi e io non vedevo. E ora che stai bene e hai pian piano raccontato...ora che stai bene io ti guardo e il primo istinto è dirti "ora stai bene".
Che cazzo di persona, che sono a volte. Che cazzo di amica.
E' faticoso, ammetterlo. Che certe volte sono proprio peggio di quanto credessi.
A questo punto...come mi hanno insegnato..ci lavorerò sopra. Anche se, persino adesso, una parte di me ha voglia di ricucire lo strappo e far finta di non avere visto. E fare finta di non essere ancora così indietro, nel mio lavoro su me stessa.

domenica 29 novembre 2009


Maybe there's a God above
And all I ever learned from love
Was how to shoot at someone who outdrew you.

And it's not a cry you can hear at night
it's not somebody who's seen the light

it's a cold and it's a broken Hallelujah...

sabato 28 novembre 2009

Nourishing & soothing coconut body cream

Ho soppesato il vasetto di crema tra le dita, guardandolo perplessa per qualche istante.
Mi sono ripromessa di agire, con cura, con precisione, senza pensare neanche per un attimo, finchè non avrò finito.
Colonizzazione del bagno di casa dei miei, eseguita.
Conquista della vasca da bagno, vero obiettivo, eseguita con altrettanto successo.
Lavato capelli con quella specie di shampoo che sa di rosmarino, e poi messo anche il balsamo per vedere di districare i fili di ragnatela che costituiscono la mia capigliatura.
Ho preso da casa il vasetto, pieno a metà, regalo di un compleanno di qualche anno fa.
Dev'essere bello tosto, l'aroma che ci hanno ficcato dentro, perchè basta svitare il tappo per essere immersi in un delizioso (almeno per me) profumo di cocco.
Ed è stato qui che il pensiero si è fatto avanti, il maledetto.
Una vocina che sussurra, con aria noncurante: ma cosa ti metti a darti la crema a fare, mi spieghi? ma cosa ti scortichi la pelle con quella spazzola dura...nessuno deve vederti nuda, nessuno ti sfiorerà nemmeno un centimetro di pelle, nessuno si avvicinerà quel tanto da sentire che odori di cocco come un grosso biscottone.
Ma è stato solo un attimo. mi ero ripromessa che oggi avrei fatto le cose per bene, SENZA dover per forza avere un motivo.
E così, ho ficcato le dita nella crema e ho iniziato giudiziosamente a spalmarla come mi avevano insegnato. In cerchi concentrici. ho solo dimenticato se bisogna andare in senso orario o al contrario, ma anche Mowgli, appena uscito dalla jungla, avrà avuto i suoi problemini, no?

La macchia umana

"Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c'è altro mezzo per essere qui."

P. Roth


Non serve dire che l'onorevolissimo Philip R. a me provoca dipendenza.
E che mi prostro ogni volta di fronte a ciò che scrive.
Che dire? oggi più che mai, mi torna in mente questa frase, tra le tante di questo romanzo potente.

E, vai tu a capire la mente umana, sull'onda delle letture rothiane, ricito,da Everyman:


"Solo di sfuggita gli sovvenne che poteva essere illusorio pensare, a cinquant'anni, di poter trovare un buco che sostituisse tutto il resto."

mercoledì 25 novembre 2009

paura

Normalmente, io a quest'ora dormo.
O almeno ci provo.
Ora invece col cavolo.
Mi ha svegliata un rumore, come le la mia porta di casa godesse di vita propria, per qualche attimo.
Come se qualcuno, fuori, scarabattolasse per entrare. Senza le chiavi, si intende.
Sarà stato uno spostamento d'aria, qualcuno che ha aperto e chiuso altre porte in altri piani, facendo risvegliare anche la mia.
Sicuramente.
ma mi sono alzata, dopo un po', mica subito, per controllare che la sbarra e il resto fossero ben salde.
E adesso...di dormire..non se ne parla.
Mi sa che sono più paurosa di quanto pensassi.

lunedì 23 novembre 2009

senza.

Non riesco ad accettare questa cosa.
Non riesco nemmeno ad affrontarla. Neanche a parlare con quel fottuto dottore.
Tutto ciò si porta dietro il fatto che temo che mi renda impossibile l'essere amata.
Non potrò mai essere oggetto d'amore, io. Non sono un essere meritevole d'amore.
Una donna, è certo, non è solo questo. E le sue conseguenze esteriori non sono nulla di ineliminabile. Certo.
Entrambe le cose però, il non avere, il non poter essere, e queste prove esterne che io sono il contrario di cil che dovrei.
Ecco. Sento che sono incompleta.
Che sono sbagliata. Un fake. Uno scherzo di natura.
cazzo cazzo cazzo.

domenica 22 novembre 2009

non ci dovevo pensare

L'idea di tornare dal medico mi mette ansia.
Non mi va neanche di pensarci, in realtà.
E proprio perchè non mi va, mi viene in mente.
Prima rischiavo che mi scappasse la mano, mentre tagliavo la zucca, perchè quando faccio qualcosa di manuale che non mi impegna troppo la testa, i pensieri divagano.
E all'improvviso mi sono letta in mente che domani o dopodomani al massimo (la nobile arte del procastinare) devo tornare dal medico.
Non ci vado quasi mai. Per fortuna.
Non lo stimo e non ho fiducia in lui. Lo cerco quelle volte che per il lavoro serve qualche certificato.
E ora devo tornarci. Dopo l'ultima volta credevo che non ci saremmo visti per un pezzo.
So già come andrà.
Dovrò ripetere le cose sempre due volte, e mentre io parlo lui non mi guarda e all'improvviso mi interrompe e chiede come sta mio padre, perchè da ragazzi, mi pare, si conoscevano.
E perde il filo del discorso. E così io devo ripetere due volte tutta la storia, e chiederà perchè non sono andata dalla dottoressa, e dovrò dirgli che lei è l'ultima opzione, perchè lei fa quelle cazzo di punture che mi fanno male per giorni, dopo.
E cazzo. Non esiste un altro cazzo di metodo?
Anzi lo so che esiste. E glielo dovrò dire io, che mi prescriva quell'altra merda. E' un medico, d'altronde.
...
...
...
Forse fa quasi meno male la puntura.

sabato 21 novembre 2009

just my immagination

Sognarti mi affatica. Mi sveglio più stanca, da questi sogni che rifiuto.
Mi sveglio all'improvviso girata sulla schiena, io che dormo sempre sulla pancia, aggrovigliata tra quanti più cuscini riesco ad acchiappare.
Eravamo al telefono. Già. Diceva nonno Siggy, tra una tirata e l'altra di sigaro che il sogno rappresenta la soddisfazione di un desiderio spesso inaccettabile all'Io del soggetto.
Nonnino, inaccettabile, dici? a me veniva in mente...autodistruttivo. In questi casi sono come la falena con la fiamma: inarrestabile desiderio di andare verso qualcosa che mi farà male. Perchè mi conosco e so che non mi farebbe sentire bene, averne conferma.
E allora forse sì, è vero, è un desiderio inaccettabile. A livello cosciente, io lo so che è una stronzata, che mi farebbe solo sentire dolore. Ma l'inconscio, si sa, si diverte molto a sciogliere i cani più mordaci.
E così, dicevo, si era al telefono.
"..e allora...poi..come stai?"
"...mmm...bene, direi."
" e ti ..sei..fidanzato?"
"Fidanzato..io? che parola..fidanzato...."
"dai, smettila. hai capito. hai una..relazione? una compagna?"
"...umpf....sì. Sì."
"lo sapevo. e chi è?"
"..."
"dai...sono curiosa. almeno..quanti anni ha?...18?"
"?!che domande del cazzo ...ne ha 55."
"Ah...ecco. comunque scherzavo sui 18."
"...già.
"e si chiama?"
"...non la conosci."
"Ovvio. Anzi no. Secondo me lo so chi è."
"ah sì?"
"Sì. mica ci vuol la scala ...se è chi penso io. ma credevo fosse più giovane."
"ah sì? tu ti fai troppi viaggi...non dovresti pensarci."
"lo so. ma dimmi se è lei..."
"...lei chi... basta chiudiamo il discorso."
"lei. dai..."
E dopo qualche altro dettaglio su "lei", tu mi dai ragione.
E io mi sveglio.
N.B. In realtà lei non so quanti anni abbia. Potrebbe persino non esistere. Ma è vero che me la faccio più giovane. E poi magari non è lei.
E poi sono speculazioni senza senso. Forse dovrei solo giocarmi al lotto 18 e 55 sulla ruota di.
Con buona pace di nonno Siggy.

domenica 15 novembre 2009

ricordi di infanzia

Fin da bambina ero affascinata dall'Unione Sovietica, o come la chiamavo io, la Russia.
Ho ancora, in giro per casa, faldoni di articoli di giornale in cui si parlava di qualsiasi cosa che riguardasse quel paese, i suoi abitanti e la loro cultura.
Ricordo la gioia quando mio zio al ritorno dal viaggio mi portò una medaglietta, lì la appuntavano, mi disse, sul bavero al primo della classe. disse che c'era anche scritto sopra, ma io quell'alfabeto strano non lo capivo.
Il secondo regalo mi commosse quasi fino alle lacrime.
Era bellissima. E', bellissima.
Avevo persino imparato a usarla, maldestramente, finchè la malinconia non l'ha vinta e ha smesso di funzionare.
Mi piaceva persino la targhetta, quella sì, la capivo.
Perchè noi, a scuola, l'inglese lo dovevamo studiare.
Made in U.S.S.R.
Ho deciso di darle un posto d'onore in casa mia, di nuovo.
In questa casa che sento sempre più mia, solo mia, in una maniera triste di chi guardandosi intorno vorrebbe vedere tracce di qualcun altro, sarebbe meglio dire solitariamente mia.
A forza di guardare solo io oggetti mobili e pareti ho la sensazione che non siano veri, vorrei altri occhi a confermare la loro realtà.
E quale oggetto migliore, per arredare, di una macchina da cucire "made in" un posto che non esiste più?

giovedì 12 novembre 2009

impotenza

Lavoro con tanti ragazzi, tanti adolescenti.
E' gratificante e soddisfacente vedere ogni giorno crescere la relazione tra noi, la fiducia reciproca, la comunicazione.
Oggi viene da me B., piccolina, sempre sorridente, che in questi tre anni ho visto crescere sempre di più,nonostante la mala fortuna che sempre l'accompagna, nonostante le diagnosi e i problemi neuro e fisio e psico.
Viene da me e si sfoga, e mi racconta degli atti di bullismo che subisce. Mi racconta, nei dettagli, anche quello che non mi aveva ancora detto, per troppa vergogna.
Mi chiede di aiutarla.
E insieme mi implora di difenderla...non da C. che la vittimizza.
No. Da chi dovrebbe essere, come me, deputato a proteggerla, ad aiutarla, a farla crescere.
Sono anni, ormai, che lavoro in questo ambiente, sì.
Ci immergo le mani, nel dolore, nello squallore, nel degrado.
Nelle guerre tra poveri, tra sfortunati.
Eppure oggi, mentre lei mi guardava speranzosa, affidandomi tutti quei grumi di sè e dicendomi "ti prego, ti prego, non dire però a ..., che te l'ho detto, se no lei mi sgrida e lo va a dire a C. e dopo C. si comporta peggio e io ho paura", a me veniva il magone.
Cazzo. Mi chiede aiuto. Mi chiede aiuto e mi chiede di proteggerla da chi dovrebbe essere, in quella cazzo di scuola, il suo punto di riferimento.
La conosco, B., conosco il suo sforzo per parlare, per ammettere tutto quel dolore, quelle prese in giro, quegli insulti, quegli spintoni e quei toccamenti non rischiesti e che non riesce a evitare perchè il suo corpo poco agile le si mette contro.
Ma ora, a tutto questo, al dolore che provoca, comunque, trovarsi a vedere coi propri occhi certe situazioni, si aggiunge la rabbia. La rabbia perchè purtroppo B. ha ragione, perchè quando si dovrà parlare, perchè si dovrà parlare, con....,perchè è lei l'insegnante di riferimento in quella classe, lei ripeterà, arricciando il nasetto aristocratico "...beh ...dovrà pure imparare a difendersi..e poi quando io ci parlo, con C., lei mi dice che non è vero. E poi, anche fosse, io devo sopravvivere in quella classe. Se mi metto contro C. lei poi non mi lascia più in pace."
Ecco, qual è il punto. Il quieto vivere.
Mors tua vita mea.
Ma a dirlo, è un insegnante di sostegno. Un insegnante che dovrebbe, appunto, essere di sostegno proprio a B.
Le direzioni in cui muoversi purtroppo sono davvero poche, tentativi sono stati fatti in ogni direzione, ma la risposta è stata solo la mia decurtazione di ore, per il momento.
Che dire. che fare.
Senso di impotenza.

martedì 10 novembre 2009

dream awake

La sottile barriera di pelle che mi protegge dall'esterno, che impedisce a sangue e nervi di impazzire, è sempre più segnata e fragile, come carta di riso.
Ci sono giorni che si innalzano come montagne, all'improvviso, quando al mattino, appena alzata, sembravano colline timide.
Sto cercando di superarli. Sto veramente provando a farlo.




...and for every time I came home screaming,
and got sent away, with no warmin at all,

I had to dream awake..

there's a calling, a calling, a calling,,
to everyone, who lost something.

and who had to dream awake.
...

domenica 8 novembre 2009

dulcis in fundo

...a volte, di solito nei momenti più propizi, come la domenica sera, quando stai per raggiungere il letto vuoto in vista di una nuova settimana di doveri, a volte, in quei momenti, ti capita, non sai bene perchè, di pensare di avere una piccola biglia di felicità in mano.
E te ne stai lì con l'aria di chi dice "non tutto è perduto". Un'aria un po' ebete, a pensarci bene.
Ma poi, per fortuna, la realtà irrompe festante a cambiare le carte in tavola: guardi meglio, e scopri che non era una biglia, ma un uovo.
Un uovo di vipera. Che il calore della tua mano ha appena fatto schiudere.
Merdimonio.
Nient'altro che questo, a perdita d'occhio, mio capitano.

riciclaggio "geek"

Questa mattina le opzioni erano: studiare un po' di cose, prepararmi per il lavoro di domani, mettere in ordine casa. Sono partita bene, alle 8 la fase uno era già pienamente operativa.
Alle 11 però, in piena fase 3, sono stata folgorata sulla via di Damasco, anzi sulla via del corridoietto di casa mia, dall'idea che finalmente avrei evitato il funesto "dove metto le chiavi di casa per non perderle?", grazie a un oggettucolo chiamato "appendichiavi da parete".
Consideriamo però:
a- che non ho soldi (come mi ha fatto gentilmente sapere l'ultimo estratto conto)
b- che mi piace il riuso degli oggetti
c- che in fondo sono un po' geek dentro (lo dimostrano i miei block notes e portamatite fatti coi floppy)
E così, ecco il mio ultimo nato.
Va perfezionato, al posto di quei gancetti neri giganti devo trovarne di più piccoli, color ferro.
ma per il resto sono soddisfatta.


Materiale occorrente:
- 2 cd non più funzionanti (o funzionanti, ma con inciso sopra Gigi d'Alessio)
- colla per appiccicare tra loro i due cd
- rivettratice + rivetto
- trapano
- gancetti

martedì 3 novembre 2009

info

Eludo le domande.
Ogni volta che mi lascio andare a parlare, poi me ne pento.
non è una questione di fiducia, o di informazioni segrete.
E' che poi, magari,per essere gentili, per fare conversazione, le persone fanno domande.
Ricordano l'unico sterile dettaglio che hai raccontato di te, e domandano.
Ci restano aggrappati, come quei riccetti spinosi che si attaccano al maglione se ti sdrai per terra in questa stagione. Quando non piove, si intende. Altrimenti ti resta solo melma, sul maglione.
Che comunque, rende l'idea della sensazione che mi danno quelle domande.
Sono una vera imbecille a volte. In questo, i soldati, almeno quelli dei film, sono molto meglio.
Solo nome, grado, e numero di matricola.

venerdì 30 ottobre 2009

rivelazione. e dopo settimane, un po' di sensatezza

Certe rivelazioni arrivano all'improvviso.
Me ne sono accorta così, guardandoli quando non mi guardavano, quando non mi pensavano guardante.
E l'ho scoperto, allora.
Che i miei genitori, I MIEI GENITORI...i miei genitori..sono..mortali.
Mio padre, che io credevo eternamente forte. mia madre..che pensavo, dentro di me, eternamente madre protettrice.
invece sono stanchi..invecchiati...mia madre per la malattia, mio padre per il perenne curarsi di lei...
Sono così..fragili.
Ci ho pensato e ripensato, in questi giorni in cui corro tanto e penso troppo.
Ho pensato a cosa fare per loro.
E magari è una stronzata galattica, ma ora che l'ho fatta..sto meglio.
mia madre adora i mercatini di natale, e ogni anno diceva che voleva andarci ma poi non si sa come si rimandava sempre. Un anno erano "lontani" (?), un anno non c'erano i soldi, un anno io ero piccola, un anno era in ospedale mia nonna.
Basta.
Ora ce l'ho fatta.
per una volta che la mia capacità di frugare internet serva a qualcosa.
la stronza in agenzia viaggi mi dice che a Trento non si trova niente, per il periodo di natale, che è tutto pieno.
mi guarda schifata.
Come se le avessi chiesto di organizzarmi un tour pedofilo in Thailandia. Stronza.
Ci vogliono 10 minuti, con la mia connessione pleistocenica, per reperire un grazioso hotel, dove la gentilissima operatrice mi detta al telefono gli estremi per il bonifico (non ho la carta di credito, sorry).
Mi sono svenata, un terzo del mio stipendio per due notti con colazione inclusa, ma mi rendo anche conto che se avessi uno stipendio normale non avrei nemmeno speso molto.
Sembra un gran bel posto. Centrale, facile da raggiungere, vicino a tutto.
E io guardo e riguardo il sito. E le camere. E il ristorante. E i mercatini. E tutto quanto.
E per la prima volta, in settimane, sento di aver fatto qualcosa di sensato.

mercoledì 28 ottobre 2009

elenchi (quel che volevo essere)

Da bambina, volevo diventare:
1) una bibliotecaria: vivere in mezzo ai libri, e poca gente intorno.
2) una correttrice di bozze: leggere per lavoro? vivere nel lisciare e sistemare la prosa altrui? wow ( e poi leggevo e rileggevo il romanzo di Leavitt dove la madre del protagonista fa questo lavoro, e amo tanto quel romanzo)
3) una criminologa: poi sono cresciuta e il signor John Douglas è diventato il mio mito, per cui...era nell'aria
4) una buona madre: volevo avere figli, semplicemente
5) una scrittrice: e torna, ancora, l'ossessione per le parole.

domenica 25 ottobre 2009

perle

Ricordo una vecchia striscia di Garfield.
Il suo padrone lo guardava ed esclamava: "Garfield..sei una perla. E sai come si formano le perle nelle ostriche?", mentre il gatto lo guardava gongolando.
Nella vignetta successiva il padrone conclude gridando: " ...attraverso un'irritazione costante!!!!!!"
Ecco.
Poi c'era il compianto Nietzsche, che parlava di caos e stelle danzanti.
Io, per come sono in questi giorni, dovrei esser ricca di perle danzanti.

Sento sulla pelle i vestiti come carta vetrata, i pensieri acuminati cozzano contro il cranio causandomi eterni mal di testa, e di notte le palpebre si ammutinano troppo spesso, lasciandomi a occhi spalancati.
Certo è che le parole sono importanti.
"stella danzante" e "perla" sono molto più poetiche di "esaurimento" e "ulcera".

mercoledì 21 ottobre 2009

agli sgoccioli


Parecchio tempo fa l'avevo già selezionata, questa foto.
perchè rappresentava in modo sintetico ed efficace la sensazione che provavo.
Ad oggi, non ho trovato un'immagine migliore. O forse, semplicemente, non ho cambiato stato d'animo.
Non so. Come che sia, eccomi.

domenica 11 ottobre 2009

con amore.

Ci ho messo diversi minuti a toglierti il telefono dalle mani.
Eppure vedevo le tue labbra contrarsi, il tuo viso arrossarsi, sentivo la tua voce salire di tono, e la sua uscire dal telefono così monotona e autocentrata.
Vedevo benissimo quanto ti stavi innervosendo, quanto ti costava parlare, rispiegare per l'ennesima volta la tua situazione.
Dev'essere orribile, essere prigionieri del proprio corpo. Sono sicura che avresti voluto gridare, agitarti, persino sbattere la porta e andartene.
Ma non lo puoi più fare. Una breve passeggiata ti stanca, se hai la mano impegnata sei già ferma lì, non puoi fare nessun altro gesto che reggere il telefono.
E io ci ho messo minuti, a fare il gesto che avrei dovuto fare subito.
Portarti via il telefono, poggiarmelo all'orecchio e poi interrompere, con voce pacata di rasoio, quel fiume torbido di parole.
avrei dovuto farlo prima. avrei dovuto farlo subito. Proteggerti, ora che sei fragile.
perchè non riesco a farlo? Lo so, non sono infallibile.
Eppure mi arrabbio con me stessa, vorrei essere scattante, una leonessa, per te, a volte.
L'altra parte di me, invece, vorrebbe ancora essere il tuo cucciolo. Vorrebbe vederti forte, sentirti come quando ero piccola e tu sapevi risolvere tutto.
E così ci metto minuti, ci metto tempo, a fare il gesto da adulta, ad alzarmi in piedi e, con tutta la delicatezza del mondo, sì, ma comunque in maniera inequivocabile, sostituirmi a te.
E' come ammetterlo nuovamente. Che i nostri ruoli, inesorabilmente, slittano e si ribaltano.
Mi viene da piangere, quando ti vedo all'improvviso mentre tu non mi stai guardando, e ho la sensazione, per un attimo, di cogliere come devi sentirti.
Mi sembra di vederti urlare dentro di te, imprigionata in quel guscio che non ti obbedisce come vorresti, e vorrei essere una di quelle guaritrici dei romanzi, e far sparire tutto.
In parte anche per egoismo, per averti di nuovo intera, per poter essere di nuovo io, almeno per un attimo, quella piccola e fragile.
A momenti sembri quella di prima, per un attimo, e io mi cullo nell'illusione di avere ancora tante pagine bianche da scriere. Poi l'immagine si sbriciola e all'improvviso vedo il tempo che si accanisce e sento la sabbia delle clessidre scorrere, e ci sono troppe cose che vorrei darti prima che sia troppo tardi.

venerdì 9 ottobre 2009

il casino con l'auto intorno.

Qualcuno, con tutte le buone intenzioni del mondo, mi dirà che sbaglio.C
Che a te, semplicemente, non ci devo più pensare.
Ma che farci?
oggi guidando acchiappo l'auricolare per rispondere al telefono...e mi accorgo che è imbrigliato intorno a una serie di oggetti e oggettini.
E così, quando mi fermo, guardo meglio.
Bottigliette vuote, depliant del supermercato, libri, una giacca, oggettucoli inutili, e così via.
la mia macchina sembra di nuovo uno spaccato del mio cervello: di tutto, di più, e tutto questo nel casino più totale.
ti ho pensato.
L'unica volta in vita mia che mi sono lanciata nelle grandi pulizie del mio potente mezzo è stato un giorno che aspettavo la tua venuta.
Lo feci volentieri, assolutamente molto volentieri.
Era come una specie di regalo per te, un farti vedere che facevo queste piccole (enormi) cose per te.
Povera macchinina, ha sperimentato quel breve momento di gloria e splendore e ora è di nuovo un casino.
Tu eri riuscito a darmi davvero tante energie, davvero tanta voglia di fare, di essere, di vivere.
Te la sei portata via, con gli interessi, in quella lunga calda giornata di luglio.
Eppure, a volte, il mio cervello ha una piccola scintilla e ti penso.
Oggi poi, ho guardato quella specie di suk in miniatura che è la mia auto, e ho pensato che, forse, avrei dovuto pulirla un po'. Poi sono scesa. Non ho tolto nemmeno i depliant che infestano i sedili dietro.

domenica 4 ottobre 2009

Elenchi (libri)

Io, generatore antropomorfo di entropia, rido sempre quando F., con gli occhi azzurri luccicanti di esaltazione, mi spiega quanto sia libidinoso per lui stilare elenchi di cose da fare. E poi, via via che sono fatte, cancellarli voce per voce con il pennarello rosso.
Io non ho questo tipo di pulsione. Però anche a me piacciono gli elenchi.
Nel caos che mi caratterizza, a volte per capire dove inizio e finisco, da dove vengo e dove credo di andare, mi trovo a fare elenchi.
Scandisco la mia vita così, coi libri che ho letto, con gli uomini più o meno stronzi che (ho) incontr(at)o, con le conversazioni stile "le ultime parole famose", con le canzoni che ascolt(av)o in loop...e così via.
A volte, oziosamente elencando, scopro cose di me che avevo dimenticato. O mai notato.
Quando poi, al cinema, il mio Nanni, interprete di Caos calmo, elenca tra sè e sè per fuggire alla realtà, ho sentito quella fitta di simpatia che ti (quantomeno mi) prende a volte per persone sconosciute che non rivedrai mai più, ma che fanno o dicono qualcosa che.
Niente di originale, in effetti, Hornby docet, per dirne uno.

Libri preferiti (5 sono pochi. 10 anche, ma almeno sono il doppio). In ordine sparso.
1. La morte è un affare solitario. R. Bradbury (che non si trova più in libreria, che scandalo)
2. Il giovane Holden, J.D. Salinger
3. Nessundove, N. Gaiman
4. Pragmatica della comunicazione umana, P. Watzlawick
5. Mindhunter, J. Douglas
6. Lolita, V. Nabokov
7. La cognizione del dolore, C. E. Gadda
8. Citarsi addosso, W. Allen
9. La colazione dei campioni, K. Vonnegut
10. Chiedi alla polvere, J. Fante

sabato 3 ottobre 2009

...but if I ever leave this world alive...


If I ever leave this world alive
I'll thank for all the things you did in my life
If I ever leave this world alive
I'll come back down and sit beside your
Feet tonight
Wherever I am you'll always be
More than just a memory
If I ever leave this world alive

If I ever leave this world alive
I'll take on all the sadness
That I left behind
If I ever leave this world alive
The madness that you feel will soon subside
So in a word don't shed a tear
I'll be here when it all gets weird
If I ever leave this world alive

So when in doubt just call my name
Just before you go insane
If I ever leave this world alive
Hey I may never leave this world alive
But if I ever leave this world alive
....


Un giorno magari la canticchierò a qualcuno.
Un giorno magari canticchierò per qualcuno.Un giorno.
Mi piacerebbe, un giorno, sì, davvero lo vorrei, davvero, canticchiare,un giorno, per qualcuno che stringerò tra le braccia, un qualcuno piccolo e tiepido, un qualcuno che a occhi spalancati mi guardi come se io fossi tutto il mondo e che si nutra di me e che cresca intorno a me chiamandomi "mamma".
Che pensieri, che pensieri.
A scriverli, poi, si sa, diventano veri.
Scripta manent, anche se non inchiostrati ma solo digitati, questi scripta.
Ma niente meglio del web per archiviare ad libitum le parole di chiunque, anche se ora premessi l'icona del bidoncino, per cancellare tutto e far finta di non averlo mai nemmeno pensato.

Oggi, camminando verso l'auto:
-non ho mai avuto paura della morte..ma a volte ci penso ultimamente...non è la mia morte che mi spaventa, ma quello che lascio. Penso che vorrei morire quando avrò almeno messo un po' di cose a posto..sai, con tre figli, almeno vederli più grandi e sistemati...
- io ho la paura opposta credo...
-?!?!
- ho paura di non lasciare niente. Se continuo così...morirò...e non lascerò niente di niente..tutto quello che ero sparirà con me.

Non avrei mai pensato di dire qualcosa di così intimo a te. La nostra intimità, la nostra confidenza, ha confini precisi e fortificati. Ma i miei pensieri a volte forzano il blocco, che vuoi che ti dica.
Forse è questa maledetta influenza, maiala per quanto non suina, che mi indebolisce e mi rende loquace.
Non so.
Ma è vero, che ho paura. Di non arrivare mai a canticchiare per nessuno un po' di celtic punk.

martedì 29 settembre 2009

cercando un po' di pace

La mia Annie non esiste, ma non importa.
Qualcosa in questa canzone dolce mi rlassa.
E così stasera la si ascolta, prima di dormire.
E la lascio qui in auspicio che la ascolti anche G., che fatica a prendere sonno, e che mi supporta e sopporta in questo periodo difficile. Augurandoti, sottovoce che non ci sentano gli dei, che arrivi almeno la tua, di Annie.

emosssssione

E finalmente oggi ho fatto quel benedetto intervento.
Emozionante vedere quel centinaio di facce, block notes spianati e penna in mano.
Stranissimo parlare e vederli prendere appunti.
Stranissimo starmene in università davanti a un microfono, a parlare.
Ma gratificante. Un sacco. Anche l'applauso finale quando sono andata via.
E' stato...bello.
Ora spero solo che qualcosa di quello che ho detto rimanga come traccia in qualche testa.
Comunque sia...è andata. Olè!

domenica 27 settembre 2009

Ammissione

Ho spento tutte le luci, tanto l'azzurro del monitor è più che sufficiente.
Non ho bisogno di guardare la tastiera quando scrivo, non più.
Tenere le mani sui tasti aiuta, mi distrae dal mettermele tra i capelli a cercare di soffocare pensieri che non voglio avere.
Ammetto di avere un problema. In questo momento. Sì.
I criteri di un buon clinico per diagnosticare un disagio sono la pervasività del disturbo, il fattore tempo, oltre al malessere percepito.
La cosa che mi preoccupa qui è la pervasività.
Quali aree della mia vita sono al momento danneggiate se non ancora compromesse?

Il lato sentimentale è una merda, a voler essere onesti.
Ho perso le ultime risorse di fiducia e amore verso qualcuno che al momento ha ben altro da fare che pensare a me. Decisamente, ben altro.
Al momento quella che si autodefinisce la mia migliore amica mi dice che sono cinica e irriconoscibile, e chi mi conosce meno mi trova "spenta".
Non riesco ad accettare che qualcuno possa veramente interessarsi a me, sono terrorizzata che si ripeta quello che è "appena" (oh sì il tempo è soggettivo) accaduto: che qualcuno demolisca tutti i miei muri difensivi, mi illuda che non ne avrò più bisogno, che sia una buona idea fidarmi di lui, e poi si accorga che non ero quel che desiderava.
E così..che faccio? Tiro fuori tutto il mio sarcasmo e tutta la mia capacità di scandalizzare e infastidire.
"spiacere è il mio piacere", non faccio altro che mettere alla prova chiunque provi ad avvicinarsi, finchè non si stanca e se ne va una volta per tutte, comprovando la mia teoria che non mi volesse davvero bene.
E sono bravissima in questo. Mettetemi alla prova.
Dimostratemi un qualche interesse. Provate a dare un'opinione su qualcosa che mi riguardi. Chiedetemi di aprirmi a voi anche solo per discutere dei miei gusti di gelato preferiti.


Il lato familiare o affettivo in generale...beh...qui sono il solito asso di briscola io.
L'unico che non riesco a fregare è babbo, che con i suoi lunghi silenzi in disparte non crede ai miei teatrini e senza parere, quando mamma non sente, mi dice: "...sei più terrea del solito..." e mi dice che un giorno starò bene.
Per il resto sono sempre io, sono il jolly. Sono brusca e buffa e non mi preoccupo mai. Giusto? ecco.
Mamma dice che a me non succederà mai di star male perchè non mi importa mai di niente.
Sono secoli che non parlo con lei se non per brevi minuti, soprattutto al telefono, dove è, per forza di cose, più facile non guardarsi negli occhi e tagliare corto.

Il lato lavorativo? Il lato lavorativo sta andando a puttane insieme a tutto il resto.
Da un lato viaggiamo rigogliosi nell'oceano del mobbing, i miei sonni notturni di 6-7 ore sono un ricordo nostalgico, mentre ogni notte mi sveglia l'ansia, o le facce sognate negli incubi.
Ogni mattina mi alzo e vado là, tesa come una corda di violino e torno a casa con la testa che mi scoppia e un sapore acido in bocca.
Dall'altro, la stanchezza, le preoccupazioni, e la tristezza...influiscono sulla mia capacità di stare a galla. Dò il mio meglio, certo. Ma per quanto tempo?

La salute...la salute al momento è meglio di questa estate, anche se non è buona cosa questa stanchezza perenne, questo color grigio diffuso, e lo so che certi stati mentali influiscono anche sul corpo, ma oltre a saperlo non so che fare.
Il mal di gola è perenne in questi giorni, e i crampi, che non dovevano esserci più, tornano, alle volte.
Sono aumentati i giramenti di testa e i dolori alla cervicale. Lazzaretto, a me.

Mi domando da dove sia partito il tumore che ha sparso metastasi su tutta la mia vita...da quale punto di me. Da dove è iniziata la mia cancrena.
Sono i crampi? Sono le parole di altri? E' la paura di non farcela? E' la stanchezza?
Non lo so, non lo so, non lo so quale sia la cosa che mi fa scoppiare a piangere in questi giorni, all'improvviso.
Può capitare di sera, o di mattina, o a cena, o mentre dormo.
O anche, perchè no, mentre scrivo al computer al buio cercando di non pensare, una domenica sera come tante.
E' un problema. Sì. Lo ammetto.
Sulla pervasività, in effetti, non ci sono più dubbi. E nemmeno sul malessere percepito.
Che fare...puntiamo sul fattore tempo? C'è da dire che, al momento, nemmeno lui gioca a mio favore.
Fine. Tolgo le mani dalla tastiera. Le rimetto sul viso. Almeno per un po'.

sabato 26 settembre 2009

un momento

Stamattina sembra essere finalmente autunno davvero.
Dietro le tende chiare vedo un brandello di cielo grigio di nuvole pigre, e l'aria non si è ancora scaldata, lo sento dal freddo della cucina dove ho dimenticato la finestra aperta.
Ho tirato fuori i vecchi pantaloni neri della tuta, orfani ormai da 10 anni della loro felpa, ho raccolto i capelli col fazzolettone rosso e per scaldare i piedini ho riesumato le mie fondamentali pantofole a forma di coniglio (e di che altro se no?).
Gesti e vestiti familiari per riappropriarmi dei miei stessi contorni, per ritrovare me stessa in questo momento di perdita dei confini, degli appigli e dei traguardi.
In questo momento mi sento quasi integra, non è ancora piombata su di me la realtà a disgregarmi in un'accozzaglia confusa di fallimenti.
Resto immobile, respiro piano per non disturbare questa sensazione e farla durare il più possibile.

venerdì 25 settembre 2009

a voi 3

Con tutto il mio cuore, a tutte e 3.
L'augurio che un giorno non troppo lontano diventiate consapevoli all'improvviso della fragilità del corpo umano, trovandovi a colludere con il muso di un autobus che non faccia in tempo a frenare.
Sperate solo, tre stronze che non siete altro, sperate solo che io trovi un buon motivo per lasciarvi perdere. Ma deve essere veramente buono.
Vi auguro, sinceramente e con tutti i miei più intensi sentimenti, una lunga, profonda e solitaria sofferenza.

martedì 22 settembre 2009

tempo...

Il mio vecchio buon DSM-IV, quel manualetto di nonna Papera tanto caro ad alcuni, dice che, quando credi di poter diagnosticare un episodio depressivo, devi prima controllare che non sia avvenuto un fatto traumatico, un lutto,perchè in tal caso, non è episodio depressivo maggiore "se questo inizia e si esaurisce entro due mesi" dal decesso del caro estinto.
In facoltà, gli ultimi mesi prima dell'esame di stato, si scherzava ...e se ti capita uno che è in lutto da 61 giorni che fai? ma febbraio vale come marzo, come mese...?perchè febbraio ha meno giorni...cosa diamo..più lutto a quelli di marzo? non vale...e così via.
Un modo come un altro per ripassare.
Ma quanto durano, in realtà, due mesi?
Ho imparato che la realtà "vera" e "oggettiva" non esiste, che ognuno di noi costruisce la sua realtà in costante rapporto e negoziazione tra mondo interno ed esterno...e allora..alla fine...due mesi..quanto tempo sono?
Il tempo, poi, altra convenzione che ci siamo dati per illuderci di poter controllare lo scorrere inesorabile della nostra vita.
Di quanto tempo avrà bisogno il mio corpo per curarsi?
il mio corpo...ma è il mio corpo che deve curarsi?
In effetti sì, mi rendo conto di sì. Anche lui, ha bisogno di rigenerarsi.
La mia pelle che ogni giorno si sgretola perdendo cellule morte allontana da me sempre di più tutto ciò che ho toccato e non toccherò mai più.
Non ricordo mai quant'è la "vita" media di una cellula epiteliale...un'altra nozione persa nelle mie nebbie. Non potrebbe il mio lutto staccarsi da me come scorza morta?
Elaborazione attiva, lo so, collega, lo so.
Solo che i miei due mesi, cerca di capire, sono più lunghi dei tuoi.
E il fatto che io sembri uno stagno morto, è ingannevole.
Sono attivissima, in realtà. Mai sentito parlare, caro, di sabbie mobili?

riassunto

il riassunto di questi giorni lo trovo in stanotte.
O forse tarda sera, per chi non deve alzarsi così presto il mattino dopo.
io, devo dire, dormivo, erano le 11 passate.
Squilla il telefono, numero privato.
Io lo odio, il numero privato.
Di solito neanche rispondo. Ma a quell'ora, insonnolita, chissà, magari qualcuno che ha bisogno.
"...pronto?"
voce beffarda di uomo: "ciao...mi fai un pompino?"
"...?!?!"
"allora..me lo fai!"
"no"
"Come no, e perchè?" deluso, come un bambino a cui hai tolto il giocattolo.
"Per pura cattiveria."
Click. Non ho neanche dovuto far lo sforzo di chiudere io la chiamata.
Ecco. Una scena breve ma chiarificatrice del color diarrea di queste mie giorante.
Niente di eclatante. Una serie ormai imbarazzante di momenti fastidiosi, di piccole umiliazioni, di fastidi e di dialoghi privi di senso e di dignità.
Un hip hip hurrà per il buontempone che mi ha chiamato, chiunque sia.

p.s. è lampante, che avrei dovuto solo mettere giù il telefono. Complice il sonno e la mia naturale cretinaggine. D'altronde se fossi intelligente forse non sarei in tutta questa merda, no?

lunedì 21 settembre 2009

erased

...e penso, con tristezza, che avrei voluto imparare da te come si fa.
perchè io non so cancellare le persone in questo modo, come se non fossero neanche mai esistite.

Che dire. Che fare. Nulla. Divento trasparente e scompaio. Non esisto più. E allora, perchè sento ancora dolore?

sabato 19 settembre 2009

Desidero informarti

che concordo con un bel modo di dire siciliano.

“Tu, a mia, non mi vieni appresso!”

Che, da quanto ho letto, significa: "tu non seguirai il mio funerale*.
Già. perchè se c'è anche solo un gramo di giustizia al mondo, tu non seguirai il mio funerale.
Perchè per allora il veleno che ti scorre dentro sarà già cibo per ignari vermi.
Buona giornata.

*a voler essere precisi, "tu non seguirai il mio funerale, sarò io a venire al tuo perché ti ammazzerò prima". Ma non credo mi prenderò un tale disturbo.

venerdì 18 settembre 2009

consapevole

Quanta energia sprecata.
Giorni, respiri, parole, lacrime, sorrisi, abbracci, pensieri.
Quanto spreco.
Che qual è la differenza, in questo caso, tra averle lasciate marcire, tutte quelle cose, e averle donate a chi ha pensato bene di pisciarci sopra?

Mi rendo conto con tristezza di questo scempio.
La consapevolezza, almeno, serve a qualcosa?
Al momento no.

E comunque sia, tanto per solidarietà con te, anche io proprio ora vengo meno ad una promessa.
dopo tutto, è uno scambio alla pari. Non credi?
Vaffanculo.

giovedì 17 settembre 2009

RABBIA. VOGLIO SAPERE QUANDO.

Perfer et obdura, dolor hic tibi proderit olim.
Allora, poetastro di merda, mi vuoi dire quando cazzo arriva questo fottutissimo olim?
Inizio a spazientirmi.
In due giorni, e dico DUE giorni, due notizie che mi fanno sentire come un pugno dato forte alla bocca dello stomaco.

Una persona che mi mancherà, e che non vedrò mai più.
Da prima che scoppiasse il caldo estivo forte, da prima degli esami di giugno, non la vedevo.
perchè appunto, c'erano gli esami, e la mia vita che sembrava acquisire senso per poi perderlo di colpo, e poi il lavoro, c'era, da ricostruire.
E così rimandavo.
Pensando che avrei trovato il modo una di queste domeniche, come sempre senza avvertire, come sempre a urlare il mio nome dalla tromba delle scale finchè non sarebbe stata riconosciuta la mia voce, fino a che non sarebbero stati abbracci sulla porta.
Ho rimandato, stupidamente, pensando di avere ancora tempo.
Credevo che avrei potuto farlo, davvero, e così rimandavo a tempi meno convulsi.
E così. E adesso?
E adesso nulla. Cibo per vermi.
Spero che il tuo dio esista da qualche parte, e che si muova, di corsa, per venirti a organizzare un comitato di accoglienza. Di quelli coi fiocchi, ecco.

E poi suona il telefono, e la tua voce che mi fa sempre ridere, la tua voce che mi rilassa e che mi piace sentire.
Tu che mi chiami poco, che hai tanto da fare.
Tu che dovevi passare a trovarmi tra un impegno e l'altro, domani, qualche ora rubata al tuo continuo aggiornarti e lavorare.
Tu che mi chiedi se ho sentito le notizie, e mi dici quello che già so.
E lo sento dalla voce, quello che stai per dirmi: che uno di quelli, soprattutto, ti era caro.
E la tua voce non l'ho mai sentita così triste e insieme così dura, mentre mi spieghi il tuo ruolo ora, mentre anticipi obiezioni che non ti faccio.
Mi dici come stai, per pochi minuti. E poi torni professionale, e mi racconti solo quello che si può dire.
Ma io l'ho sentita, la tua voce. La conosco, la differenza. E non ti posso abbracciare.
Ma tu capisci lo stesso, per fortuna, che partecipo, a mio modo, al tuo freddo dentro.

E allora, dicevo, caro il mio Publius Ovidius Naso, caro imbrattacarte del cazzo, sei pregato di stabilire un olim chiaro e preciso.
Di dirmi QUANDO tutto questo mi sarà utile.

p.s. perchè non bastavano, in questa settimana, le altre notizie...no eh? Non bastava il babbo di F., non bastava quell'altra storiaccia.
No no, non bastava.

lunedì 14 settembre 2009

Spirale

Il dolore si genera da qualche parte qui, e poi si espande come una spirale continua...spire, appunto, sempre più ampie.
Parimenti fanno la confusione, e la rabbia.
Scruto ogni angolo, frugo ovunque cercando le telecamere, gli sfondi di cartone, qualcuno che mi dica "tranquilla tranquilla è solo uno scherzo di dubbio gusto".
Situazione di kafkiana memoria, questa.
Non trovo nemmeno le parole per esprimermi, al momento.
Mi escono solo mugolii, gli occhi mi si sgranano mentre la realtà mi si srotola davanti sempre più grottesca.
Comunque sia, a me non è permesso parlare, salvo poi sentirmi dire "cos'è questo silenzio?" "cos'è quella faccia?" e così via.
E' destabilizzante, questa sensazione di sbagliare COMUNQUE.
La mia presenza irrita ed è inutile, la mia assenza offende.
E tutto questo, come una spirale, si allarga sempre di più.
Ho solo una gran voglia di vomitare. Possibilmente addosso a un paio di persone.

domenica 13 settembre 2009

nota a margine

Ho la sensazione che tutto questo sia, semplicemente, sbagliato.
Se morissi domani, mi domando, cosa penserei di questo ultimo anno di vita, di questi ultimi mesi?

venerdì 11 settembre 2009

post it

Questo spazio è mio.
Fino a prova contraria.
Mio.
Posso usarlo come valvola di sfogo, come discarica di emozioni avariate, come deposito di parole non dette.
E' il mio spazio.
E al momento voglio usarlo per essere disgustosamente lagnosa.
Ho bisogno di buttarla fuori di me, questa sensazione schifosa.
L'inganno. Ho la sensazione, orrenda, di essere stata TRUFFATA.
Io credevo che certi gesti, certe parole, certe cose, fossero per me e solo per me.
A 30 anni suonati, ancora credevo che potesse essere vero.
Sbagliavo...sbagliavo...sbagliavo.
Me lo ripeto, guardandomi allo specchio.
Che mi rimanda la mia immagine a sillabarmi "stu-pi-da-i-dio-ta-cre-ti-na".
Come cazzo avrò fatto a credere di essere speciale per qualcuno? Che ci potesse essere qualcosa di unico?
Io ho buona memoria, ma a volte mi segno su post it alcune cose importanti da ricordare quotidianamente.
Sul mio frigo campeggia una scritta da anni, e anche sullo specchio del bagno.
Devo trovare il posto giusto dove mettere un altro importante post it, su cui scrivere:
"piccola testina di cazzo, quanto credi ci voglia a riempire la tua assenza? 30 secondi."
A me una penna, presto, prima che io riesca di nuovo a dimenticarmi questa cosa.
Perchè se no, cazzo, ogni volta che ne ho conferma, ci soffro. E le conferme, a quanto pare, non mancano mai.

mercoledì 9 settembre 2009

lezioni di italiano

Oggi impariamo una parola nuova.

UMILIARE.

Significa: avvilire, mortificare qlcu. facendogli provare un senso di inferiorità, di disagio o di vergogna. Sinomini: soffocare, dominare.


Da oggi e per molti molti giorni ci concentreremo sulla forma passiva.
Ci si confà.

martedì 8 settembre 2009

brutta giornata

Oggi è semplicemente una brutta giornata.
Come ce ne sono state e ce ne saranno tante.
Sono già vestita "bene", le scarpe, la gonna, i capelli quasi pettinati, perchè oggi è una brutta giornata davvero, di quelle in cui dovrò più che mai fingere di essere abito e monaco e tutte queste schifezze.
Se avessi più tempo legherei i capelli, indosserei le scarpe da ginnastica e i guantoni, e mi indolenzirei le braccia sul rivestimento rosso del sacco.
Fingendo di stare colpendo, davvero, qualcuno, oggi.
Vorrei essere in altro luogo, in questo momento.
E urlare, urlare tutta la mia rabbia il mio disgusto la mia nausea e il mio dolore.
E chiedere perchè a che scopo tutto questo.
Vorrei urlare e urlare e urlare e prendere un ago da tatuatore e disegnare su quella fronte il triangolo che indica pericolo, o il simbolo del nucleare o non lo so nemmeno io.
Vorrei persino, oggi, indossare i guantoni per colpire quella maledetta faccia, veder colare il sangue dal naso, a dimostrarmi che davvero in quelle vene c'è sangue rosso e non veleno verdastro.
Oggi è semplicemente una brutta giornata.

sabato 5 settembre 2009

Il buon vecchio Erik E.

Generatività vs stagnazione

...fase della vita...crisi che si cerca di superare.... procreazione...non solo in senso letterale... possibilità di lasciare qualcosa alle generazioni successive... insegnante, ricercatore...*....in questo periodo...individuo....bisogno di procreare ... realizzarsi professionalmente... offrire un importante contributo...chi non successo in questo.... senso di stagnazione...immobilità ...inutilità propria esistenza.

* e noi no, Erik dolcezza mia?

p.s. interessante questo risultato di ricerca di immagini su google: "stagnant" unica chiave.
Chi avrebbe detto che al primo colpo avrei trovato quella esatta?

mercoledì 2 settembre 2009

cercando di sorridere

Con dedica.
A me stessa, in primis.
Ma anche al mio semi virtuale amico Wolf, alla mia per niente virtuale amica E., al collega F. e a un paio di altre persone.

Sperando di strappare, a me e a loro, un sorriso.
Affettuosamente.

martedì 1 settembre 2009

bruciante

Terribile.
Ho aperto gli occhi di scatto, l'immagine ancora ben chiara in mente.
E io che cercavo di calmarmi, di capire.
A occhi chiusi, esploravo cauta il mio cervello agitato.
Come un ragnetto, tessevo piano ragnatele sottili, inviandole in avanscoperta dei meandri bui del mio pensiero tormentato.
Cosa mi succede? Cosa sento? Da dove sgorga tutta questa inquietudine?
L'immagine si è fatta avanti all'improvviso. Nitida.
Una polveriera.
No. No. No.
Questo sono. Una polveriera. No.
Mi rifiuto. tutto il resto. Ma non questo. Cazzo.
La mia stessa mente non può fare di questi scherzi.
Lo so, lo sento, l'equilibrio instabile e fragile che sono.
Lo sento, lo so, quanto sono vicina all'esplosione.
Ma di tutte le maledette cose. Quella. No.
Le ricerche al momento sono state sospese.
I fili tessuti si sono spezzati all'improvviso nei miei occhi sbarrati.
Una polveriera? di tutte le parole immagini cose? Una fottuta polveriera.
E in tutto questo, ovviamente, non ho capito la sorgente del catrame bruciante che mi sento scorrere nelle vene.

lunedì 31 agosto 2009

mare dentro

A me ricordi il mare
e non per le vacanze
che abbiamo fatto insieme

Ma per il tuo ondeggiare
tra il gesto di chi afferra
e quello di chi si trattiene
...

Mi è tornata in mente questa canzone.
Diverse volte in pochi giorni.
Forse sono solo troppo severa o troppo cinica (me l'avete già ripetuto un sacco di volte, ora basta, grazie).
O è che vedo negli altri il riflesso di me stessa? Riflesso di qualcosa che cerco di seppellire e nascondere e uccidere.
Una versione musical-popolare del cuore rivelatore del vecchio Edgar Allan?
Non so.
A me ricordi il mare...già già. Che poi, a me il mare fa anche un po' paura, non dimentichiamolo.
Ma è così. Non faccio altro che vedere questo, ovunque, maree che afferrano e si trattengono.
Come se non sapessero fare altro. Come se non sapessero prendere una decisione, fare una scelta.
Qual è la cosa giusta?
E perchè mi sembra di non vedere altro che ondeggiamenti, oscillazioni intorno a gesti che vengono compiuti a metà per poi pentirsi sia di averli iniziati che di non averli compiuti.
Oggi avrei voglia di cambiare di posto con chi siede all'altro lato della scrivania..e fare questa domanda. Chissà se qualcuno ha una risposta per me.
In questo momento sono sola, non posso pensare che il mare sia altrove.
Questa inquietudine che sento, la paura di aver già sbagliato TROPPO, di avere preso l'ennesima piccola decisione sbagliata...anche io, a me ricordo il mare.
E mi odio. Quando sarà che impareremo, che imparerò, a non chiuderci da soli le porte in faccia per paura che lo faccia qualcun altro?

giovedì 27 agosto 2009

esattezza

Mi manchi da morire.
Scelgo le parole con cura.
Mi manchi. Da morire.
E dire che è una frase così abusata. Verrebbe da dire che ce ne sono sicuramente mille altre, migliori, meno consumate.
Ma non è così.
Questa ha l'esattezza della semplicità.
Sento la tua mancanza come un dolore sordo e oscillante, come un'onda che a volte si ritrae e poi ritorna con fragore.
Sento la tua mancanza in un modo che mi avvelena.
Mamma dice che sono dimagrita. E. mi domanda se sono gli strascichi del mostro, o i tuoi.
E. dice che, nella sua mente, tu e il mostro siete quasi una cosa sola, dice che nei miei occhi si è spenta una lucina.
Lo so. Me ne accorgo perfettamente ogni giorno, allo specchio.
D'altronde le parole hanno un peso. Mi manchi da morire. Qualcosa si è spento.
L'ho sentito distintamente, mentre lottava per sopravvivere, come un gattino che affoga tenuto sott'acqua da mani più grandi di lui.
Ho sentito, e non sono riuscita a salvarla, quella lucina. Forse non ho nemmeno voluto, non lo so.
Ho lasciato che si affievolisse e si esaurisse.
Forse dentro di me speravo che fosse sufficiente. Che bastasse.
Era il mio sacrificio agli dei, cedere una parte di me per salvarmi.
Credevo avrebbero accettato lo scambio. Che mi avrebbero privato DEL TUTTO della sensibilità.
Anestesia totale. Per favore.
Era questo che chiedevo quando ho lasciato affogare la mia gioia di vivere.
Non è così. Lo sento, il freddo del vuoto dentro di me.
Non riesco nemmeno a spiegare a me stessa: sento il freddo, il dolore, la sensazione di perdita, la mancanza, tutto quel vuoto. E contemporaneamente, i cancelli si sono chiusi.
E' un vuoto che alimenta se stesso.
Si è spenta la fiaccola che indicava, a chi avesse voluto guardare bene, la strada per arrivare a me.
E' una sensazione semplice, anche questa. Pulita, precisa, limpida.
Non importa. Non mi interessa, lo so, lo sento, e ne prendo atto.
Non c'è più sentiero o strada per raggiungermi.
Mi manchi da morire. Mi manchi e qualcosa è morto. Fine della questione.

martedì 18 agosto 2009

Il mostro è morto. Viva il mostro?


40. Li hai contati sulla punta delle tue dita curate. Mentre mi ipnotizzavo sui riflessi dello smalto leggero, tu, diligente, contavi. 40.
Hai solo accennato una sgridata, un "...dirlo prima". Adesso siamo qui e a me viene da vomitare. Ancora.
Alla fine credo di essere felice, se così si può dire, di averti chiamata.
Anche i mostri hanno diritto a qualcuno che segua il loro funerale, dopotutto.
E poi, e poi mi rassicura pensare che nei prossimi mesi anche tu saprai. Che non dovrò fingere con te, per ogni pallore improvviso e per ogni "inspiegabile" fuga.
Adesso fa male. Dentro. Fuori.
Non so nemmeno distinguere quale sia uno e quale l'altro.
Adesso vorrei solo dormire.
40. che dire, sembra ieri, no?
Quando saranno altri 40, sarà autunno davvero.
La dottoressa dice che l'autunno è la nostra prossima meta.
Mi drogo di tè freddo alla menta, ormai è il mio rituale staccare le foglie una per una, sul terrazzo. Tu mi guardi e dici che così, con questo sole obliquo, mi si evidenziano le occhiaie e gli zigomi. Spostati da lì, mi dici, che sembri la morte in vacanza. Mi abbracci forte e i tuoi capelli mi finiscono in bocca e ho la scusa per scostarti è caldo e i tuoi capelli e torna dentro che arrivo dai.
Mi dispiace che ti preoccupi, ma a parte contare di nuovo fino a 40, ormai ci piace questo numero, non c'è molto altro.
Il mostro è lontano. Non è in condizioni di nuocere, nè di fare nient'altro.
Fa parecchio male. Ma lquesto lo sapevo già, dopotutto studiare a qualcosa è servito. Mi viene ancora un po' da vomitare.

Tu es vera spes mea.

Riposa (e lasciami) in pace, mostro.

sabato 15 agosto 2009

danni

Più di quanti immaginassi.
Come quando un corpo cade da un palazzo. che a volte da fuori neanche si vede tanto.
E dentro è una purea di ossa sangue carne cartilagini.
Uno schifo che mai.
Mi guardi e dici "non ti riconosco più". E' solo un mese, che non ci vediamo.
non mi riconosci?
cinica. acida come uno yogurt scaduto. nervi a fior di pelle. depressa.
Eppure da fuori, eppure da fuori sembravo la stessa.
E' strano sentirsi dire tutto questo, provare a negare, a schernirsi. ma no dai, sono io, sempre io, dai.
Poi a casa ci ripenso, mi guardo di soppiatto allo specchio.
Mi dico che ti sei sbagliata, che non sono così. Mi dico che sono sempre io, che sono il macigno che metabolizza tutto e va avanti.
E' bastata una telefonata, tra l'altro breve. Pochi minuti, e ho sentito la diga rompersi.
Sofia mi guarda, occhi tondi perplessi, mentre scoppio a piangere seduta sul tappeto.
Una telefonata del cazzo, di quelle che in condizioni normali mi avrebbero semplicemente fatto dire "mai un po' a fare in culo dai".
Il mondo mi è crollato sulla testa, non c'entrava più nulla, la telefonata.
Cosa è stato? Una parola? Un tono di voce? Cosa cazzo è stato?
Non accetto questa defaillance da me stessa.
Eppure devo ammetterlo, hai ragione tu.
Avevo sopravvalutato la mia resilienza.

Flash.
"...ti faccio solo una domanda professionale: secondo te come ho fatto a superare tutto questo così presto?"
"Devi avere una buona resilienza..."
Flash.

Ma brava la dottoressa. 0 su 2.

venerdì 14 agosto 2009

definizioni

Mi tornano in mente spesso le parole del mio amico scrittore:

"Non cercate a tutti i costi libertà e piacere in una stagione, per quanto questa stagione sia l'estate, per quanto questa estate sia caldissima e lunga, per quanto questo lungo sonno della fatica si dilati - come un ventaglio- in un 'assenza. Perchè questo è il vero senso della parola vacanza: assenza - vuoto - mancanza."

Sono circa due anni, che l'ho letto, "Diaro di bordo" .
E questa frase l'ho sempre avuta in mente, da allora. Eppure, da bravo stupido animaletto che sono, ogni tanto fingo che non sia vera.
Fa ancora caldo, qui.
Incontro persone per strada, mi guardano braccia e viso, "non sei abbronzata...non hai fatto ferie? una bella vacanza ogni tanto.."
No. Non sono abbronzata. Sì. Sono andata in ferie. Sì. Bella no, ma sicuramente grande, la vacanza, la mancanza, l'assenza.
Ma è colpa mia, che lo sapevo e fingevo di no. Dopotutto, la definizione era lì, luminosa nella mia memoria.
Ma a volte non vogliamo ricordare, non vogliamo sapere, non vogliamo vedere.
Ma anche la schifosa estate, prima o poi se ne va.
Dopotutto, come diceva lui, tutto passa.
Anche l'estate sta finendo, o così dicono.
Stanotte mi sono addormentata con tutte le finestre aperte, e ho fatto la prima ronda notturna per chiuderle, 3 del mattino, la fottuta ora del lupo, l'ora in cui si è soli.
Si è soli e si sente il refolo gelido sotto il lenzuolo. Primo segnale di cedimento della stagione.
Sono rimasta in piedi qualche minuto, ad ascoltare gli odori di casa mia.
C. che ancora viene a farsi qui la doccia, ha lasciato aperto lo shampoo in bagno. Ecco il perchè di questo profumo di albicocca. Non è stato molto tempo fa. Ma ora non so più nulla.
A occhi chiusi, mi vedo davanti la pagina del libro.

È stato molto
tempo fa,

e ora

non so

più nulla

di lei

che una volta

era tutto.
Ma tutto

passa.


C'era anche il testo a fronte, ovvio, ma io Brecht l'ho sempre letto tradotto.
Con queste definizioni scrivo il mio personale dizionario: al momento sono presenti solo la voce "vacanza" e la voce "amore".

martedì 11 agosto 2009

Perfer et obdura. sì

Multa diuque tuli; vitiis patientia victa est;
cede fatigato pectore, turpis amor!
scilicet adserui iam me fugique catenas,
et quae non puduit ferre, tulisse pudet.
vicimus et domitum pedibus calcamus amorem;
venerunt capiti cornua sera meo.
perfer et obdura! dolor hic tibi proderit olim;
saepe tulit lassis sucus amarus opem.


Anche se continuo a non essere sicura che, un giorno, questo dolore, tutto questo dolore, mi sarà utile.
Spero solo, davvero, di non essere più un vitellino. Almeno questo.
averlo imparato.

lunedì 10 agosto 2009

pioggia

Oggi, dopo molti giorni, c'è stato un temporale.
Con tuoni, fulmini, tutta la scenografia.
Io sono uscita di casa, in pantaloncini e canottiera, a fiutare l'asfalto e la terra bagnati, a ricevere addosso le gocce, via via sempre più fredde e sferzanti.
Tu mi sei passato davanti.
Avevi una camicia grigia e un giornale sulla testa a ripararti inutilmente dall'acqua.
A parte alcuni dettagli che nell'avvicinarsi rendevano chiara la realtà, c'eri.
Eri tu. Mi è mancato il fiato per un attimo. Perchè nel passare mi hai anche guardata, sai?
Mah. Non importa.
D'improvviso, quel "tuo" sguardo, mi ha come aperto gli occhi.
E ho capito che lo avevi già fatto e che lo farai ancora.
E che ti farai probabilmente le stesse domande, dopo, guardandoti le mani sporche di sangue.
Si chiama natura? Carattere? Propensione? fottuta coazione a ripetere?
Mi rende un po' triste, questo pensiero.
O forse è solo che il temporale è durato troppo poco.E all'improvviso, così com'era arrivato, è scomparso, e la terra sembra già riarsa.
Vien da chiedersi se non mi sono immaginata anche la pioggia.

giovedì 6 agosto 2009

il mostro (4)

Mi ero illusa, in maniera del tutto arbitraria e stupida, che si fosse distratto.
Che io potessi riprendermi me stessa.
Sono io, a colpire il sacco. Io, a prendere più o meno la mira.
E invece all'improvviso torna il dolore, sordo, come se mi avessero colpita fortissimo all'inguine.
Come se mi avessero pugnalata.
Mi accartoccio su me stessa, le mani ancora bloccate dai guantoni, il sudore gelido già per la schiena.
Istintivamente mi guardo il ventre, a cercare la ferita, il sangue che scorre. Un dolore così non può che essere una pugnalata.
invece no, lo so.
E' "solo" il mostro. E' il mostro che mi prende a calci dall'interno.
Che morde, che graffia, che cerca di strapparmi pezzi di carne da dentro la pancia.
Non hai idea di quanto ti odio. mi odio. Dopotutto, chi ti ha creato?
Ma ricordati, mostro. E' iniziato il conto alla rovescia, per te.

martedì 4 agosto 2009

per favore

Smettela di dire cazzate.
Opinioni non richieste, risposte a domande che non ho fatto, teorie a seguito di indizi che vi siete creati da soli.
Per favore.
Smettetela.
Chiamatela pure solitudine, chiamatela se volete incapacità di amare, chiamatela carattere di merda, anche.
Non è un affare vostro.
Per favore.
Non continuate la vostra ridda di ipotesi cretine, lasciate perdere quelle che vi sembrano prove inconfuntabili.
Per favore.
C'è solo una persona che sa la verità. Al limite due. E sappiate che la seconda sono io.
Per favore.
Fatevi i cazzi vostri. O sarò costretta a reagire.

domenica 2 agosto 2009

in memoriam

Mamma dice sempre che faceva caldo.
Io ero piccolissima, con gli occhi a mandorlona, i buchini cicciosi sulle mani e i capelli lisci sempre sudati.
Io non ricordo nulla.
Mamma dice che faceva caldo, e che lei era in casa.
Aveva ancora i capelli permanentati, allora, era a casa da lavorare come ogni estate.
Mamma teneva la tv in bianco e nero accesa, a volte, per farsi compagnia.
Babbo sui treni ci lavorava, non ricordo dove fosse quel giorno.
Di certo,non a casa con noi. Se no mamma non si sarebbe preoccupata così.
Sarebbe stato terribile lo stesso, dice, ma in modo diverso, ammette.
Mamma dice che era spesso preoccupata, a quel tempo. In ansia. Gli anni di piombo, dice.
Noi eravamo familiari di un ferroviere, senza soldi era fondamentale quella tesserina che ti faceva viaggiare gratis sui treni.
Ci passavamo una vita, sui treni, noi.
Mamma si ricorda ancora della paura. Non c'erano i cellulari. Solo il telefono con la rotella che sentivi gracchiare ogni volta che facevi un numero.
Mamma dice che è stata un bruttissima giornata, anche se noi a Bologna per fortuna non c'eravamo.

sabato 1 agosto 2009

ritratto in seppia...


Nemmeno qui riesco a dormire, la notte. Non c'è abbastanza aria, qui dentro.
Questo piccolo spazio si satura di me, della mia presenza, del mio respiro.
Mi guardo intorno ed è strano, essere qui. 2 m x 5 circa di stanza, ci entri dentro e ti sembra di vedere tutto attraverso un filtro color seppia.
Il ventilatore antidiluviano che ronza inefficace, la carta da parati beige scrostata, il tavolino traballante, le lenzuola, persino il minuscolo lavabo...tutto ha questa patina polverosa ...seppia, appunto.
Mi sento una specie di detective privato di qualche film anni '40...o un killer di serie b.
Di quelli che vengono a nascondersi in un posto così, a sudare anche l'anima in attesa di fare il loro lavoro.
Se qualcuno entrasse in questo momento, chissà se vedrebbe anche me, in tinta seppia, mentre boccheggio cercando un punto del letto su cui rinfrescare la pelle sudata.
La finestrella, senza tende, dà direttamente sulla sua gemella di fronte, allungando un braccio potrei quasi toccarne il vetro. Immagino che al di là vedrei solo un altro letto in ferro battuto, un comodino zoppo e magari un ventilatore grigio e asmatico.
Mi hanno assicurato che non c'è nessuno, in quella stanza, non devo preoccuparmi di non avere tende nella mia.
Il problema non si pone, la finestra resta sempre spalancata. L'aria, in compenso, resta immobile.
Nemmeno qui, di notte, riesco a dormire.
Continuo a dare la colpa al caldo. Mi fa smaniare, il caldo.
Mi addormento e arrivano i sogni, sgradevoli. Ricomincio a sudare, torna il dolore, sordo.
Ho bisogno di fresco.
Mi hanno detto che posso usare il bagno quando voglio, che non c'è problema. Posso fare la doccia ogni volta che lo desidero.
Mi ha detto che a parte loro, ci sono solo io. Come se avessi un bagno solo mio, alla fine dei corridoi. Posso anche girare nuda se voglio, ma l'altro ha aggiunto che è meglio se mi avvolgo nell'asciugamano almeno, non si sa mai. Mi hanno dato anche l'asciugamano, subito dopo.
In effetti non incontro mai nessuno. La doccia è sempre asciutta, le porte tutte chiuse. Entro ed esco ed è come essere un fantasma.
Solo di notte, ogni tanto, sento qualcuno che tossisce, o che cammina piano, e sembra vicinissimo.
Se non facesse così caldo sono sicura che starei bene, qui.
E' tutto così chiuso e labirintico che i rumori si perdono prima di arrivare, si sente solo un continuo rumore di acqua...una tubatura che perde, o qualcosa del genere.
E dire che le stradine qui intorno, dal tramonto all'alba, rigurgitano puttane ad ogni angolo.
Quando il sole inizia a calare io esco, protetta dagli occhiali scuri, e il loro vociare mi abbaglia.
Ridono forte, qualcuna piange, mi guardano solo per un attimo e subito cercano altrove.
Io passo oltre, è facile cambiare zona e trovarsi nel niente, o in mezzo al traffico.
E' il bello di questo posto. Non ci vuol niente, a sparire.
Mi piace perdermi in mezzo alla gente che sta tornando a casa. Guardare le facce. Sentire le voci cercando di intuire di cosa parlano. Sono abituata a passare inosservata.
Se fossi un killer pagato da qualcuno, avrei un bersaglio a cui mirare, il mio sguardo non vagherebbe così, pigro, da un dettaglio all'altro.
Me ne starei chiusa dentro a riflettere, a ripassare orari e spostamenti. Sul letto, insieme ai pochi vestiti, i ferri del mestiere. Ho portato il caos con me, come sempre. Chissà come sarebbe, con anche una pistola a far parte dell'arredo.
Ho studiato a sufficienza la cartina, cammino per strada con l'aria di chi sa dove va, parlando il meno possibile, per non far trapelare l'accento italiano. Per ora funziona.
Le vecchie mura della città non sono lontane da qui, basta aver voglia di camminare qualche minuto in salita, e fino al tramonto è possibile farsi tutto il percorso qui sopra, un saliscendi di camminamenti in mezzo alle feritoie e ai resti delle torri. Pittoresco, in effeti.
Si vede quasi tutto, da qui sopra, i tetti delle case a perdita d'occhio, i parchi, le montagne sullo sfondo.
Arrivati quasi alla fine, prima di scendere, si aprono due strade.
Una è leggermente più ripida, finisce dritta nella vecchia zona del ghetto, ora formicaio di negozietti di bigiotteria scadente, kebab e tatuatori.
L'altra scende piano, verso un quartiere che conosco meno. Una zona più ricca, a giudicare dalle case, e da quel che occhieggia dalle finestre aperte.
Da questo punto si vede la terrazza, metri sotto, quasi nel centro un uomo col giornale, seduto su una panca a leggere. E' girato verso il sole, la sua testa pelata luccica di sudore, immagino un viso arrossato e il colletto della camicia un po' aperto, sotto.
Anche se si voltasse non credo potrebbe vedere molto, una fila di alberi nasconde chi si trova sulle mura alla vista di chi è sotto.
Penso oziosamente alla caducità della vita. Ai pochi secondi che ci vogliono per scendere nel ghetto, da lì, perdendosi nella folla.

venerdì 31 luglio 2009

promessa

...bi-bip...bi-bip.
"Ciao quando mi vieni a trovare? Non ti sei tagliata i capelli vero? Io non fumo ancora ma è fatica. Mi manchi vieni a trovarmi."

No, non mi sono tagliata i capelli.
Una promessa è una promessa.
Anche se iniziano a essere fastidiosi, con questo caldo. Li tengo sempre legati, quando verrò a trovarti li porterò sciolti giù così vedi.
Sapevo che mi avresti scritto, che ai tuoi occhi di spillo non sarebbe sfuggita la mia assenza di qualche settimana.
Verrò a trovarti lo sai. Non manco mai per troppo tempo.
Sono fiera di te e del tuo mantenere la nostra promessa, se bastasse questo a estiparti tutto quel nero da dentro mi farei crescere i capelli fino ai piedi.
Purtroppo, lo sai anche tu, non funziona così. Io posso esserci, e posso fare il tifo. Ma nient'altro.
Quando mi abbracci ti conto le costole, sei così magro che mi viene paura di spezzarti, se stringo.
Mi mordo le labbra per non dirti di mangiare un po', lo so che ce la stai mettendo tutta.
Tua madre mi ferma nel corridoio, quando mi vede. Non è del tutto convinta che tu possa farcela. In fondo, sei sempre stato un guaio...e poi è tutta questione di volontà, in fondo, in queste cose, dice lei.
Si aggrappa un po' al mio braccio,è contenta che qualcuno ti venga a trovare perchè stai troppo solo, se tu fossi più socievole, dice.
Parliamo un po', a volte le faccio notare i tempi, i cambiamenti, la tua forza e anche la sua di sostenerti. A volte è solo un "gli dico sempre, di mangiare, che gli fa bene", "oggi ha un bel colorito...magari lo mandano a casa presto", "ma lei che l'ha visto...cosa dice? sta meglio?"
Se sapesse che, nei fatti, tutto quello che posso fare per te è non tagliarmi i capelli, forse mi guarderebbe con meno rispetto.
Dillo anche a lei, che verrò prestissimo. Promesso. La prossima settimana.
Ci avviciniamo all'autunno, lo sai?
A settembre sarà un anno. E saranno anche..fammi pensare..7 mesi dal nostro patto.
Io avrò i capelli ancora più lunghi, vedrai. E tu starai ancora meglio. Altrimenti, che cazzo di patto è?

mercoledì 29 luglio 2009

per non smentirsi mai!!!

La sensazione più forte, dopo il dolore alle spalle,è che qui mi sento sicura.
Come se fossi a casa. Anzi, forse di più.
Mi sento invisibile, qui.
E questo mi dà l'illusoria sensazione che nulla possa accadermi.
Sono sempre più convinta che la vita si diverta a colpirti non appena hai qualcosa che vorresti proteggere e curare.
Per cui, al momento, io sono totalmente al sicuro.
Con un preciso e inesorabile effetto domino sono crollate tutte le mie piccole e grandi importanze.
Lo penso, mentre cammino e lo zaino mi sega le spalle e mi preme sulla schiena.
E' un dolore quasi piacevole. So benissimo da dove viene, e so che appena potrò posare in terra tutto e sedermi, si attenuerà.E' bellissimo pensare che è colpa dello zaino, e che tutto ciò che devo fare è fermarmi e togliermelo, per stare bene.
Nel frattempo inizia a farsi caldo, alle 8 c'erano 22 gradi, troppo bello per durare.
Avevo calcolato circa un'ora e mezza, invece sono state circa due..e mi sa che non ne posso quasi più
Mi sono lasciata alle spalle i negozi all'ingrosso di bigiotteria cinese, i negozi di parrucchiere per "africane e latino americane", gli ultimi bar ancora chiusi.
Se sei donna e vai in giro da sola, ti consigliano sempre di camminare come se sapessi dove cazzo stai andando.
Io vado più spedita che posso, con lo sguardo fisso in quella che presumo sia la mia direzione.
Per un paio d'ore posso fingere. bello poter fare così anche riguardo alla mia vita.
Non che una fuga possa risolvere un granchè, dicono che il proprio corpo sia parte imprescindibile del bagaglio a mano.
Allo stesso tempo però, mi cullo nella morbida illusione che serva a qualcosa.
Che succeda qualcosa, il click magico di un interruttore dentro di me, la telefonata che dice "è stato tutto uno sbaglio, sai? " o "ci scusi, abbiamo confuso i suoi dati con quelli di un'altra persona. Sono cose incresciose, ma succedono".
Pace, vorrei un po' di pace.
Vorrei il silenzio buono della serenità, non questa sensazione di assenza di suono da post catastrofe.
Per quanto io cerchi di trovare qualcosa di buono tra le macerie, mi sento come si avessero rovesciata come un guanto per far prendere un po' di aria ai miei intestini. (ma dicono sia una sensazione "normale" anche questa, sì sì).
"...almeno fino all'autunno". "...se ne saprà di più in autunno". Fanculo l'autunno. Una stagione che ho sempre amato...quest'anno sembra non voler arrivare mai. A quanto pare l'autunno porterà risposte, risultati. Conferme e disconferme.
A quanto pare tutti i fili della mia vita sono legati ai prossimi mesi. Sembra un brutto esempio di oroscopo:
lavoro: aspetta l'autunno, per capirci qualcosa.
salute: almeno fino all'autunno. E spera che basti.
fortuna: spera di averla in autunno (vedi sopra)
amore: non c'è autunno che tenga. puoi passare al gattile in qualsiasi stagione.

...
...
...
(3-4 ore dopo) Bastano poche ore e l'illusione dell'incorporeità viene spazzata via dalla mia incrollabile goffaggine.
L'unica zona d'ombra qui intorno sembrava essere la chiesetta.
Oltretutto abbarbicata in cima a un discreto numero di scalini.
Ma nel mio immaginario le chiese sono sempre fresche..e soprattutto dotate di solide panche.
Per cui mi arrampico ed entro.
E avrei dovuto capire immediatamente che non era il posto per me.
Fresco e buio certo, e gradevolmente illuminato dalla luce che entra dai rosoni, mentre lungo le navate bruciano le candele racchiuse nei loro cilindretti rossi. I cilindretti rossi.
Non faccio in tempo a mettere entrambi i piedi dentro, che mi sento scoppiare un petardo nell'orecchio sinistro.
Uno dei cilindretti ha deciso di ammutinarsi e..esplodere, o qualcosa del genere.
Suppongo ci fosse una bolla d'aria dentro, o un qualche altro cazzo di difetto di costruzione.
Visto dove sta inerpicata, e anche l'orario suicida, non mi stupisco che non ci siano fedeli all'interno, ma ho paura che da un secondo all'altro spunti un prete o quel che è e si incazzi con me perchè si è fatto un gran casino di plastica e cera su tutto il banchetto.
Lo sapevo che sarei dovuta andare via subito. Non è di buon auspicio venire accolti dal suicidio di un cero votivo.
Ma il fresco e la penombra...e soprattutto le panche....
Presa da un momento di fame culturale, alzo gli occhi verso il rosone centrale...e il peso dello zaino mi sbilancia indietro.
Su un inginocchiatoio. Che prontamente cede sotto il mio peso e si ribalta, con un boato vergognoso.
Io e lo zaino lo seguiamo a ruota.
Mi pare giusto che a questo punto, mentre mi dibatto come una tartaruga rovesciata, mi esca dalla bocca un profluvio di male parole inadatte al luogo. Chiaramente nell'istante in cui il prete decide di palesarsi. Puttanazza della puttana.
E' giovane e ha l'aria stropicciata di chi stava combattendo il caldo a colpi di pisolini, mi fa sentire un po' in colpa l'averlo svegliato demolendogli il luogo di lavoro.
Non sembra neanche troppo incazzato...a parte che parla velocissimo e io non capisco neanche una parola su tre.
Non si preoccupa di andare a controllare il disastro colato all'ingresso, forse è consapevole di avere una partita di ceri difettosi oppure una donna ululante che martorizza il suo inginocchiatoio gli sembra un'emergenza più grave.
Non mi caccia via, come temevo, ma non se ne va più. Tenta ancora una conversazione surreale in cui mi aggrappo a una parola qui una lì, poi di fronte ai miei sorrisi sempre più perplessi, desiste. Gironzola qui intorno, credo pronto a placcarmi al volo se faccio tanto di avvicinarmi a qualche candelabro o ostensorio. Non sia mai che io proceda nella mia demoniaca opera di distruzione.
E così, mi sono giocata anche questa oasi di pace, non ho il coraggio di stare qui ancora, ho paura di inciampare e scoperchiare la tomba di qualche santo. O starnutire polverizzando una reliquia, che ne so.
Coda fra le gambe, mentre lui non guarda, sgattaiolo fuori.
E' l'ennesima prova che sono la reincarnazione di Re Minchia, tutto ciò a cui mi avvicino (me stessa compresa) crolla, marcisce, esplode o si rivela una fottuta fregatura.