venerdì 28 luglio 2006

J. Marias

Non ho voluto sapere, ma ho saputo che una delle bambine, quando non era più una bambina ed era da poco tornata dal suo viaggio di nozze, entrò nel bagno, si mise davanti allo specchio, si aprì la camicetta, si tolse il reggiseno e si cercò il cuore con la bocca della pistola del padre, il quale si trovava in sala da pranzo in compagnia di parte della famiglia e di tre ospiti. Quando si udì lo sparo, più o meno cinque minuti dopo che la bambina si era allontanata da tavola, il padre non si alzò subito, ma rimase per qualche secondo paralizzato e a bocca aperta, senza osare masticare nè ingoiare e meno che mai sputare il boccone nel piatto; e quando finalmente si alzò e corse verso il bagno, quelli che lo avevano seguito videro che mentre scopriva il corpo insanguinato della figlia e si metteva le mani nei capelli continuava a spostare il boccone di carne da una parte all'altra della bocca, ancora incerto su cosa farne. Aveva il tovagliolo in mano, e lo mollò solo dopo un bel pezzo quando si accorse del reggiseno scaraventato sul bidè, e allora lo coprì con la salvietta che teneva o stringeva nella mano e che le sue labbra avevano macchiato, come se provasse più vergogna alla vista di quel capo intimo che a quella del corpo riverso e seminudo con cui l'indumento era stato a contatto fino a poco prima: lo stesso corpo che era stato seduto a tavola, che aveva attraversato il corridoio e si era poi fermato davanti allo specchio. Prima ancora, con un gesto automatico, il padre aveva chiuso il rubinetto del lavandino, quello dell'acqua fredda, che era quasi completamente aperto. QUando si era fermata davanti allo specchio, e si era poi aperta la camicetta per togliersi il reggiseno e cercare il cuore, la figlia aveva pianto, poiché, riversa lì sul pavimento freddo dell'enorme bagno, aveva gli occhi pieni di lacrime che non si erano viste durante il pranzo né potevano essere spuntate dopo che era caduta a terra senza vita.
Contrariamente alle sue abitudini, e a quelle di tutti, non aveva messo il chiavistello alla porta, cosa che spinse il padre a immaginare (ma per un attimo e quasi senza pensarci, fintanto che deglutiva) che forse, mentre piangeva, la figlia aveva atteso o sperato che qualcuno aprisse la porta e le impedisse di fare quel che aveva fatto, non con la forza, ma con la sola presenza, scorgendo la sua nudità mentre era ancora in vita, o mettendole una mano sulla spalla. Ma nessuno (tranne lei, proprio perchè non era più una bambina) era andato in bagno durante il pranzo.

martedì 18 luglio 2006

"Quel che rimane a galla, quel che resta della bufera ce lo portiamo dietro con noi sino a casa, compreso il salvagente del ricordo che, tutt’altro che leggero, fa si non ci si allontani mai troppo dalla propria storia."

Grazie Paolo.
Per me che pendolo tra estremi, strappi sanguinolenti e ricuciture strette....trovare così, all'improvviso, qualcosa che mi entra nella testa e di cui penso "vero...vero...avrei voluto sentire io queste stesse parole".
Sono un'idrovora di parole...da sempre....mi piace scoprire che qualcun altro ha espresso i miei pensieri..meglio di come avrei fatto io.
E per quanto mi riguarda...i naufragi e le bufere sono qualcosa di inevitabile, necessario anche. come i ricordi. Con un occhio all'orizzonte e un braccio intorno al salvagente...cercando di capire...dove sia casa...cosa sia casa...

giovedì 13 luglio 2006

sssaino

- Ragazzi forza, prendete su lo zaino e andiamo..hey...lo zainoooo...-
- Ma che..sei straniera?-
-?!?!?!-
- Ma sì..cos'è lo SSSSSAINO? lo ZZZaino si dice..-
- eh va bhe lo zaino sì-
- ZZZ, ZZZaino, non SSSAINO, dai!!!-

Che ridere, straniera di 140 km, ecco svelato il mistero.
E poi diciamo integriamoci, mediamoci con le diverse culture. In fondo non siamo poi così diversi, no, bimbi? E loro ti guardano, occhioni spalancati e testoline inclinate...curiosi. E io che ho i loro colori, la loro lingua.... io salto all'occhio già solo per una parlata così..come dire, vagamente diversa,...per quella cadenza, anzi cadenSa, che mi fa subito riconoscere. Ma sarà? Risate, insieme ai bambini. Di cuore e di gola. E a chiedere "maestra maestra...ci dici "pizza"? daiiiii dici pisssssssa...."
E sabato un tuffo nelle origini, a ritemprare e curare questa SSSS che ho sempre odiato e che ora mi scopro a coccolare, e a sorriderci sopra.
Quasi un marchio, pensavo, e ora invece una cosa mia, un filo di ragno con una città vicina ma lontana.
...zaino...pizza...zuzzurellone....e via ridendo, ad libitum.

venerdì 7 luglio 2006

pioggia

Perché è la perdita la misura dell'amore?
Non piove da tre mesi. Gli alberi scavano sonde sottoterra, inviano radici di riserva nel suolo arido, radici che aprono come fossero rasoi ogni vena gonfia d'acqua.
I grappoli si sono appassiti sulle viti. Ciò che dovrebbe essere turgido e sodo, resistente al tatto per aprirsi in bocca, è spugnoso e piagato. Quest'anno non avrò il piacere di rigirare gli acini bluastri fra indice e pollice e di impregnarmi di muschio il palmo della mano. Perfino le vespe sdegnano quelle esili gocce marroni. Perfino le vespe, quest'anno. Non è stato sempre così.

Jeanette Winterson - Scritto sul corpo

Per piovere piove, qui. Un sacco. L'umidità si taglia a fette, pioggia dal cielo, vapore afoso dalla terra.
Non manca di sicuro la pioggia. che cosa allora?....saperlo...ma comunque, non è stato sempre così.
Forse è questo che fa spalancare gli occhi e la bocca a forma di ooooooh tristemente stupita. Non è stato sempre così.