giovedì 27 agosto 2009

esattezza

Mi manchi da morire.
Scelgo le parole con cura.
Mi manchi. Da morire.
E dire che è una frase così abusata. Verrebbe da dire che ce ne sono sicuramente mille altre, migliori, meno consumate.
Ma non è così.
Questa ha l'esattezza della semplicità.
Sento la tua mancanza come un dolore sordo e oscillante, come un'onda che a volte si ritrae e poi ritorna con fragore.
Sento la tua mancanza in un modo che mi avvelena.
Mamma dice che sono dimagrita. E. mi domanda se sono gli strascichi del mostro, o i tuoi.
E. dice che, nella sua mente, tu e il mostro siete quasi una cosa sola, dice che nei miei occhi si è spenta una lucina.
Lo so. Me ne accorgo perfettamente ogni giorno, allo specchio.
D'altronde le parole hanno un peso. Mi manchi da morire. Qualcosa si è spento.
L'ho sentito distintamente, mentre lottava per sopravvivere, come un gattino che affoga tenuto sott'acqua da mani più grandi di lui.
Ho sentito, e non sono riuscita a salvarla, quella lucina. Forse non ho nemmeno voluto, non lo so.
Ho lasciato che si affievolisse e si esaurisse.
Forse dentro di me speravo che fosse sufficiente. Che bastasse.
Era il mio sacrificio agli dei, cedere una parte di me per salvarmi.
Credevo avrebbero accettato lo scambio. Che mi avrebbero privato DEL TUTTO della sensibilità.
Anestesia totale. Per favore.
Era questo che chiedevo quando ho lasciato affogare la mia gioia di vivere.
Non è così. Lo sento, il freddo del vuoto dentro di me.
Non riesco nemmeno a spiegare a me stessa: sento il freddo, il dolore, la sensazione di perdita, la mancanza, tutto quel vuoto. E contemporaneamente, i cancelli si sono chiusi.
E' un vuoto che alimenta se stesso.
Si è spenta la fiaccola che indicava, a chi avesse voluto guardare bene, la strada per arrivare a me.
E' una sensazione semplice, anche questa. Pulita, precisa, limpida.
Non importa. Non mi interessa, lo so, lo sento, e ne prendo atto.
Non c'è più sentiero o strada per raggiungermi.
Mi manchi da morire. Mi manchi e qualcosa è morto. Fine della questione.

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