venerdì 29 dicembre 2006

Ferma...

Che fosse tutto già deciso era risaputo.
Ma che ci sarebbero stati
tali moti intestini (o intestinali, visto il risultato)...sono stupita di quanto si possa scendere in basso.
Il prossimo che mi apostrofa con "ma non li fai i concorsi? Ma non provi con le graduatorie? Ce ne
sono sempre di aperte, dovresti informarti sai?", riposerà in pace, ma solo dopo che avrò ballato a lungo sul suo corpo martoriato.
E' l'ennesima goccia putrida sul vaso ormai colmo, che più che traboccare dilaga.
Da ogni lato, da ogni parte, le mie dighe crollano.
Sono sempre più stanca.
Dietro le vernici scrostate si vedono le ruggini, le muffe, le crepe della mia vita.
Farò fronte, cercherò, una
cosa per volta. Per ora posso solo resistere. Senza arretrare, almeno.
Mantengo la posizione,
anch'io come "un insonnolito Rolando sull'elsa d'una rachitizzata Durendàla".
Che a volte, di notte...mi sembra di vedere all'orizzonte la gola di Roncisvalle.

giovedì 28 dicembre 2006

assenze

"Dunque merda alla cortesia. Merda ancora di più alla lingua e tanta più mmerda all’ammore!
Che imbarazzo! Che schifo!
L’amore che fa sentire giovani, che fa ritornare giovani! Si torna così giovani da pisciarsi addosso, farsela nel letto, addirittura, e dormirci dentro.
E poi l’intervallo maledetto! Le pause e tutto quello che spinge gli uomini a mischiare salive e debolezze, desideri, invidie e gelosia e nell’anelito di qualcosa, qualcosa, un cric per arrivare ad affacciarsi alla finestra, tanto per languore, per incompletezza.
Contatto, oscenità, parole grossolane, precise, moine, fandonie e balocchi. Cosa mai vi avrà fatto di bene l’amore?
Così si finisce di nuovo ai treni, né presi, né persi.
E ora devo restare o andare, o accidenti qualcuno me lo dica.
Lei controllore, col suo apparecchio per rispondere alle sue inserzioni da bordello. Prenda lei questi occhi che finora si sono riempiti dei miei, insensatamente. Affetto buttato, ricordi combusti, già fabbricati. Me ne vado, capito?
E quando vai non illuderti di coltivare assenze. Te ne vai e questo è tutto. "

Sta diventando il mio file rouge. Ciò non è rassicurante. Le assenze si allargano a macchia d'olio. Fuga centrifuga degli affetti.
Forse è il caso che rifletta un po' su me stessa, prima di decidere di abbandonarmi anch'io e andarmene.

mercoledì 27 dicembre 2006

lealtà per sè stessi

Mi guardò canzonatorio e sibillinamente disse: "Nudols la lealtà..la lealtà! Ti ricordi della lealtà? Ogni notte che non passi come vorresti, ogni volte che inganni un desiderio, ogni rinculata è un attentato alla lealtà. Devi essere davvero dove vuoi essere, devi essere con chi davvero vuoi essere. Devi dormire con la donna che ami. Nudols! Ricordi, Nudols? L'aquila non perse mai tanto tempo, come quando volle farsi insegnare dal corvo!"


Già. Come il ciondolo Auryn. Mai dimenticato dalla prima lettura, ancora. Ho sempre cercato di seguirlo, anche se non sempre forse ce l'ho fatta.
Fa.Ciò.Che.Vuoi.
La difficoltà maggiore stava, sta, nel capire davvero CIO'.
Perchè se no si rischia di farsi portare qua e là da qualsiasi folata di desiderio, lasciando brandelli di se stessi in ogni dove, persi per strada. Mi importa molto questo, più passano gli anni, i mesi e più sento la necessità di non sprecare, di non lasciar marcire nei porcili le mie rare perle.
Forse perchè sento di non essere infinita risorsa, ma anzi, ostrica lenta e difficile.
Mi guardo le mani, gli occhi, mi leggo e mi soppeso. So cosa posso offrire, cosa di me posso regalare a qualcun altro. Non mi sembra sia tanto, e allora ancora di più non posso permettermi di spandermi a piene mani, ma solo per chi davvero voglio. Per quello che davvero voglio.
E anche così, poi, si sbaglia. Ma con onore, con lealtà verso di sè. E le ferite sembrano fare meno male.

martedì 26 dicembre 2006

Soffocare

La Mamma gli racconta che una volta nell'antica Grecia c'era una ragazza bellissima, figlia di un vasaio. (...)
Sulla via del ritorno sono usciti dall'autostrada e hanno comprato una bomboletta di vernice nera.
E dopo tanto correre di qua e di là, eccoli qui: nel cuore del nulla e della notte.
Adesso, da dietro le sue spalle lo stupido ragazzino sente il rumore della madre che scuote la bomboletta di vernice, la pallina dentro la bomboletta che sbatte su e giù, e la Mamma gli dice che l'antica ragazza greca era innamorata di un giovanotto.
«Ma il giovanotto veniva da un altro paese, e doveva tornarci» dice la Mamma.
C'è una specie di sibilo, e il ragazzino sente odore di vernice spray. Il motore del pulmino cambia suono, qualcosa al suo interno fa
clunk, comincia a girare più veloce e a fare più rumore, e il pulmino dondola un po' sui pneumatici.
E così, l'ultima sera che la ragazza e il suo innamorato avrebbero dovuto passare insieme, racconta la Mamma, la ragazza portò con sé un lume e lo sistemò in modo che proiettasse l'ombra del suo innamorato sul muro.
Il sibilo della bomboletta si ferma e poi riparte. C'è un sibilo breve, poi un sibilo lungo.
E la Mamma racconta che la ragazza disegnò il contorno dell'ombra del suo innamorato, per avere qualcosa che le ricordasse il suo aspetto per sempre, qualcosa che documentasse quel preciso istante, l'ultimo che trascorrevano insieme.
Il nostro piccolo piagnone continua a fissare le luci dei fanali. Gli occhi gli si inumidiscono, e quando li chiude vede la luce splendere rossa attraverso le sue palpebre, attraverso la sua carne e il suo sangue.
E la Mamma racconta che il giorno dopo l'innamorato non c'era più, mala sua ombra era ancora lì.
Per un secondo, il ragazzino si volta verso il punto in cui la Mamma sta disegnando il contorno della sua stupida ombra sulla parete di roccia, solo che lui è così lontano che la sua ombra si estende di almeno trenta centimetri sopra la testa della madre. Le sue braccine esili sembrano enormi. Le gambette tozze si allungano. Le spalle mingherline si allargano.
E la Mamma gli dice: «Non guardare. Non muovere un muscolo, che mi rovini il lavoro».
E quel cretinetto impiccione si volta di nuovo a fissare la luce dei fanali.
La bomboletta di vernice sibila, e la Mamma dice che prima dei Greci l'arte non esisteva. È così che hanno inventato la pittura. Gli racconta la storia di come il padre della ragazza usò la sagoma sul muro per modellare una versione in creta del giovanotto, e così fu inventata la scultura.
Senza scherzi, la Mamma gli disse queste esatte parole: «L'arte non nasce mai dalla felicità».
Fu allora che nacquero i simboli.
Il ragazzino se ne sta impalato, e adesso trema in quella luce accecante, cerca di non muoversi, e la Mamma continua il suo lavoro, spiegando all'ombra gigante che un giorno sarà lei a insegnare alla gente tutto quello che la Mamma le ha insegnato. Un giorno diventerà un medico e salverà le persone. Gli restituirà la felicità. O qualcosa ancora meglio della felicità: la pace.
(...)
Le braccia nude del ragazzino tremano di freddo.
E la Mamma disse: «Controllati, porca miseria. Sta' fermo, che sennò rovini tutto».
E il ragazzino cercò di sentire caldo ma, per quanto splendesse, la luce dei fanali non emanava calore.
«Devo disegnare una sagoma precisa» disse la Mamma. «Se tu tremi, verrai fuori tutto confuso.»
(...)
E la Mamma dice: «Perciò sta' fermo, se non vuoi prenderti una sculacciata».
E sicuro come l'oro che quel marmocchio una bella sculacciata se la meritava. Si meritava tutto ciò che gli è successo. Perché lui, quel piccolo burino illuso, pensava davvero che lo aspettasse un futuro migliore. Bisognava solo lavorare abbastanza. Imparare abbastanza. Correre abbastanza veloce. Tutto sarebbe andato per il meglio, e alla fine la vita gli avrebbe dato qualcosa.
Il vento soffia e fa cadere dagli alberi fiocchi di neve asciutta, e ogni fiocco gli sferza le orecchie e le guance. E altra neve gli si scioglie tra i lacci delle scarpe.
«Vedrai» dice la Mamma, «che sarà valsa la pena di soffrire un pochettino.»
Quella era una storia che avrebbe potuto raccontare ai suoi figli. Un giorno.
La ragazza antica, gli racconta la Mamma, non rivide mai più il suo innamorato.
E il ragazzino è tanto stupido da pensare che un quadro o una scultura o un racconto possano in qualche modo rimpiazzare le persone a cui vuoi bene.
E la Mamma dice: «Hai un così bel futuro davanti.»
Difficile bersela, ma stiamo pur sempre parlando dello stesso stupido, ottuso, ridicolo ragazzino che è rimasto lì a tremare, a strizzare gli occhi contro il bagliore dei fanali e il ruggito del motore, e che pensava che il futuro fosse meraviglioso. Immaginati una persona che cresce tanto stupida da non sapere che la speranza non è che una delle tante fasi che prima o poi si superano. Che davvero ha pensato fosse possibile fare qualcosa, una cosa qualsiasi, che durasse per sempre.
Ci si sente stupidi anche solo a ricordare tutto questo. C'è da stupirsi che uno così sia sopravvissuto tanto a lungo.

lunedì 25 dicembre 2006

libertà

Libertà l'ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.

Libertà l'ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco.

Per sopportare la piccola riunione natalizia (4 persone + il piccolo cane) quella che ha dovuto simil ubriacarsi, sono io.
Non c'è libertà da tutto, soprattutto dai propri salvagenti plumbei.
Quindi via di oblio alcolico, non del tutto ma abbastanza da riuscire a tener la bocca chiusa, ogni sorsata una parola evitata.
Cavolo quanto sono stata zitta, che gira persino un po' la testa. Ma non abbastanza da non poter ancora straziare la chitarra, e mi ronza, il suonatore, mi ronza in testa Jones e la sua libertà.
Che sia, la libertà. Che io faccio firmare solo i voti che scrivo sul diario ai bambini, e un giorno farò firmare un libro, sì, all'autore, una rivista magari anche "solo".
Ma non faccio firmare contratti, che il mio mestiere non è nè avvocato nè imprenditore..o che so...l'anima tua, ti serve proprio? No perchè con una firmetta..potrei avere un progettino per lei: nemmeno quello.
Libertà di salire e scendere scale gradini scalinate di ponti e navigli e navi. "...niente di più niente di meno..."
Raccontavo ai piccoletti le storie, nei pomeriggi d'inverno, l'usignolo dell'imperatore e tutte le altre, ed è importante rispettare la libertà altrui, dicevo, ed è vero, rispettare e aspettare, i veri marinai han tanti luoghi da esplorare e son sempre sincere le loro promesse d'intenzione.
Ci vuole di ricordare questo, la sincera volontà e l'imprevisto in agguato sempre, quando si ha il mare dentro.

And if you've got to sleep
A moment on the road
I will steer for you
And if you want to work the street alone
I'll disappear for you

domenica 24 dicembre 2006

c.e.gadda

A certe ore pareva malato nel volere.
"Un po' di buona volontà...", gli diceva la mamma, sorridendogli, studiando dargli animo, e indurre un po' di sereno su quel volto.
"La volontà....", rispondeva, "che è indispensabile agli assassini...".

sabato 23 dicembre 2006

Cesare

"Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.

Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo accompagna il mattino.
..."

Che non sia un buon proposito, ma una (in)quieta consapevolezza.

un cuore così bianco

" Persino le cose più indelebili hanno una durata, al pari di quelle che non lasciano traccia o che neppure accadono, e se siamo previdenti e ne prendiamo nota, le registriamo o le filmiamo, circondandoci di promemoria e tentando persino di sostituire l'accaduto con la sua mera conferma, l'annotazione e l'archiviazione - in modo tale che ciò che di fatto accade altro non è che il nostro annotare, registrare, filmare e nulla più - anche in questa perenne messa a punto della ripetizione finiremmo col lasciarci sfuggire il tempo in cui le cose realmente accadono (benché sia il tempo dell'annotazione); e mentre tentiamo di rivivere ogni cosa, di riprodurla, di farla ritornare e di impedire che passi, un altro tempo starà trascorrendo, e in questo tempo è certo che non staremo con nessuno, non risponderemo ad alcun telefono, non oseremo fare alcunché, né saremo in grado di evitare nessuna morte o nessun crimine (per quanto neppure commeteremo o provocheremo niente del genere), poichè lo lasceremo trascorrere come se non ci appartenesse, nel nostro insano tentativo di non far finire bensì di far tornare quanto ormai è passato. "

Lo so, ma a volte capita persino di perdersi a pensare non a ciò che è passato, ma a ciò che in un altro tempo NON è stato. Capita per distrarsi da ciò che ORA non può essere, dal sentirmi comunque e sempre in errore con me stessa, in ritardo sempre.
Che poi se appena mi fermo e guardo, ho tanto di cui esser grata e felice, come le praterie, e le navi, e la macchina parcheggiata sempre lì in quelle stradine da cinesi e passanti strani.un cu

sabato 16 dicembre 2006

anime che si toccano

...I remember that time that you told me, you said
Love is touching souls
Surely you touched mine....

Mi piace questo, l'idea di due anime che si toccano, di due menti che si sfiorano, chiamarlo con la parola che si vuole, il centro è quella sensazione di calore.
Sentirsi dire (con quel tono incredulo scocciato da è colpa tua, perchè mi fai i dispetti?) "sai che, addirittura, ci sono, pensa..delle volte che mi manchi persino un po'".
E poi che capita, anche, che io azzecchi la frase, il pensiero giusto in risposta, in sintonia con il tuo. Touching...
Questi sono i veri regali, festività o meno.
Come i granchi da Sam Wo e il viso di Tracy.
E quella pace necessaria. Surely you touched mine.

domenica 10 dicembre 2006

Nato

Non ci sarò martedì.
Non credo che sarò necessaria. Si sa che in certe occasioni sono i parenti a sfilare, anche quelli che mai ti aspetteresti, scomparsi da e per anni, e saranno tanti, già preannunciati.
Questi momenti sono sempre affollati, le cose vanno così.
Io allora aspetto. Quando sarà passato qualche giorno, e la sollecita ondata di gente sarà scemata in altre occupazioni, ti prometto che sarò pronta a passare più spesso ancora da Laura, a portarle le vecchie foto da guardare insieme, a parlare di te, di Benis e di tutte le altre ombre.
Se potessi ti farei l'ultima carezza. Ciao Nato, dormi ora.

venerdì 8 dicembre 2006

nessun dove

«Grazie.» Richard guardò la donna vestita di pelle. «C'è davvero qualcosa da temere? Cosa c'è sul Knightsbridge, o Night's Bridge che sia cosi pericoloso?»
«Solo quello che hai detto.»
«Intendi un tipo in armatura?»
«Intendo quel tipo di armatura che cala quando finisce il giorno. Questo c'è da temere.»
La mano di Anestesia andò in cerca di quella di Richard, che la afferrò con forza, una piccola mano in una più grande. Lei gli sorrise e ricambiò la stretta.
Quindi misero piede sul ponte, e Richard iniziò a comprendere il buio: il buio come qualcosa di solido e reale.
Richard sentiva che gli sfiorava la pelle, cercando, spostandosi, esplorando: gli scorreva nella mente. Poi gli scivolò nei polmoni, dietro gli occhi, in bocca...
A ogni passo la luce della candela diventava più fioca. Si accorse che la stessa cosa stava accadendo anche alla torcia della donna vestita di pelle.
Buio, totale e assoluto.
Rumori. Un fruscio, un movimento inconsulto. Richard sbatté le palpebre, accecato dalla notte.
I suoni erano sempre più cattivi, più affamati. A Richard parve di udire delle voci: un'orda di giganteschi
troll deformi, sotto il ponte...
Qualcosa nell'oscurità scivolò accanto a loro e li superò.
«Cos'è?» squitti Anestesia. La piccola mano tremava in quella più grande.
«Shh!» sussurrò la donna. «Non attirare la sua attenzione.»
«Che succede?» bisbigliò Richard.
«Il buio» spiegò con calma la donna vestita di pelle. «Tutti gli incubi che emergono al calare del
sole, fin dai tempi delle caverne, quando ci si rannicchiava gli uni accanto agli altri alla ricerca di calore e sicurezza. Questo è il momento di avere paura dell'oscurità.»
Richard si rese conto che qualcosa gli stava strisciando sul viso. Chiuse gli occhi: tanto non faceva alcuna differenza rispetto a ciò che vedeva o sentiva. La notte era assoluta.
E fu allora che cominciarono le allucinazioni.
.....
.....
.....
Ci fu un crepitio, e un chiarore cosi forte da far male. Era la fiamma della candela, nel suo candelabro di bottiglietta di tamarindo. Non aveva mai fatto caso a quanta luce può produrre una singola candela. La sollevò con orgoglio.
«Sembra che abbiamo attraversato con successo» disse la donna vestita di pelle.
Richard si accorse che il cuore gli batteva all'impazzata, che non riusciva a parlare. Si costrinse a respirare lentamente per calmarsi.
«Suppongo» disse esitante «che non siamo mai stati veramente in pericolo. Era come il castello delle streghe... dei rumori nel buio. E l'immaginazione fa il resto. Non c'era niente da temere, vero?»
La donna lo guardò con aria di compatimento, e Richard si rese conto che nessuno gli teneva la mano.
«Anestesia?»
Dall'oscurità sulla cima del ponte giunse un rumore sommesso, come un fruscio o un sospiro.
Una manciata di perline di quarzo scese ticchettando dalla curvatura del ponte, nella loro direzione.
Richard ne prese una. Veniva dalla collana della ragazza-ratto.
«Sarà meglio... Dobbiamo tornare indietro. È...»
La donna sollevò la torcia, illuminando il ponte. Richard poteva vederlo tutto, ed era deserto.
«Dov'è?»
«Andata» rispose la donna con tono piatto. «Se l'è presa il buio.»
«Dobbiamo fare qualcosa» disse Richard.
«Del tipo?»
Lui apri la bocca. La richiuse. Maneggiò il piccolo blocco di quarzo e osservò gli altri, a terra.
«Non lo so.»
«È andata» ripeté la donna. «Il ponte si prende un pedaggio. Sii felice che non abbia preso anche te. Ora, se stai andando al mercato, è per di qua, da questa parte. Vieni?»
Richard rimase là al buio per alcuni istanti scanditi dai violenti battiti del suo cuore pesante, poi infilò nella tasca dei jeans la perlina di quarzo e segui la donna, che lo precedeva di qualche passo.
Nel seguirla gli venne in mente che ancora non conosceva il suo nome.

mercoledì 6 dicembre 2006

Montale

lo sai: debbo riperderti e non posso.
come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l'oscura primavera di sottoripa.
paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
un ronzìo lungo viene dall'aperto,
strazia com'unghia ai vetri. cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia da te.
e l'inferno è certo.



Semplicemente perfetto.

io

Sono fuori posto.
Anzi no. Si penserebbe che ci sia anche un "dentro" posto, per contrasto.
E' più appropriato dire che sono no-posto. Ah..Neil Neil...potrei offrirmi come tributo al tuo ponte della notte...se ci fosse qualcuno da aiutare nella traversata.
Ma neanche questo. Che figura ridicola divento.

Per gentile concessione di T.S. E.

"Non sono Amleto, nè dovevo esserlo;
semmai un nobile del seguito, uno che va bene
per rimpolpare un passaggio, iniziare una o due scene,
consigliare il Princpie; facile da usare, certamente,
contento di essere utile, deferente,
calcolatore, cauto e meticoloso;
pieno di frasi altisonanti, ma un po' ottuso;
a volte in effetti, quasi ridicolo...
quasi, a volte, il pagliaccio."

lunedì 4 dicembre 2006

spesa...

- Quanto costa al kg scusi la bresaola?
- 25,52.
- ...
- ...
- ah ok allora niente grazie piuttosto...quel prosciutto in offerta?
- 5 euro.
- ecco. Un etto grazie.

I peperoni rossi (0,99 al kg) o i peperoni gialli (0,79)?
gialli ovviamente.

E la pasta, qual è dunque quella in offerta?

E no non si compra qui, la verdura, benedetto sia il lidl con le sue code interminabili, piuttosto!

E mai un extra una birra un caffè il giornale un libro... Mai niente veramente. Ma queste sere a fare la spesa mi stendono. Ormai è un meccanismo automatico, la conta dei centesimi, la ricerca, la rinuncia a qualcosa.
E non in previsione di chissà che, "solo" di arrivare a fine del mese con ancora qualche soldo sul conto, che mi sta anche scadendo l'assicurazione della macchina, Giuda ladro.
Sono stufa, oggi...banalmente, trivialmente stufa.

venerdì 1 dicembre 2006

ciao Juri

Prof prof mi fai una dedica sul diario, domani, dai?

E così, a casa, a cercare nei miei vecchi diari di scuola, le frasi delle amichette, le cosucce carine, le scritte affettuose.
E invece salti fuori tu.
Io avevo 17 anni e il fidanzatino. Tu 20 e stavi per partire militare.
Conosciuti d'estate, si distribuivano i giornali insieme, 8 ore per quelle 35'000 £ al giorno.
Mi ricordo che mi aiutavi quando io troppo piccola non riuscivo a prendere i pacchi in fondo ai container senza rischiare di caderci dentro.
Mi ricordo che mi dicevi "so che hai il moroso, ma vorrei solo parlarti ancora qualche volta". Qualche volta, sì, ci siamo visti e abbiamo chiacchierato, così diversi io e te, e io che non capivo poi che ci fosse di male, tu parlavi e io pure, ed eri curioso di me e delle nostre vite diverse.
Mi ricordo che non c'erano i cellulari, che il penultimo giorno sei arrivato con carta e penna e "parto tra un mese credo, me lo dai l'indirizzo che ti scrivo, almeno?". Non è mai successo altro, mi sorridevi e mi raccontavi e mi dicevi "grazie".
Mi ricordo poi che questa cosa, queste tue lettere scritte nei foglietti sgrammaticati in cui mi dicevi di Falconara, Falcatraz, scrivevi, non andava bene, al moroso.
E così una volta alla fine di lunghe discussioni che ora reputo inutili, tutto quello che avevi scritto...non tanto davvero, non credo ti fosse congeniale ma ti sforzavi...tutto via, finito via.
Oggi non lo rifarei. Terrei tutto e basta. Cose mie. Cose innocenti, e mie. E ricordi.
E poi è passato qualche anno, e l'ho scoperto per caso del tuo incidente. Mi ricordo che ti avevo visto, quanto...due tre mesi prima...sei ancora bella hai detto, e poi più niente.
E adesso salti fuori in un foglietto sfuggito quel giorno.
Dicembre 1996, "venerdì vengo a casa in licenza...proverò a venire sotto casa tua..magari ti vedo..se trovo il coraggio".
Chissà come stavi, poi. Poche domande e risposte veloci e poi via. E poi si passa davanti ai cartelloni, distratta ...e ci sei tu, lì in sordina.
Chissà chi è venuto a salutarti, quel giorno. Quando ti ho visto io, era tardi anche per quello.
Mi dispiace. Volevo solo dirti che ti ricordo. Tu adesso non puoi ricordarti nulla, e anche potendo non so se mi penseresti.
Vorrei solo salutarti.