Hazel: Posso farti una domanda stupida?
Death: Certo chiedi pure
H: Diciamo piu’ di una. Ma, senti, uhm…perché proviamo dolore? Perché moriamo? Perché la vita non è sempre bella? Perché non è giusta?
D: Queste non sono domande stupide, Hazel; per alcuni sono le uniche domande che contano.
H: Vuoi dire che non risponderai?
D: no, risponderò. Ma è una materia piuttosto estesa, e ha molte risposte e le risposte non hanno alcun senso…Non sono domande stupide ma suonano un po’ come “quando è porpora?” o “perché è giovedì?”, se riesci a seguirmi.
H: Non tanto.
D: Bè. In parte, secondo me si tratta di contrasti. La luce e l’ombra. Se non hai mai passato dei momenti difficili, come fai a sapere quando sono belli?
D: Ma in pratica: essere umani vuol dire un mucchio di altre cose: gli occhi, un cuore, i giorni e la vita.
Pero’ sono i momenti che illuminano il tutto. Gli attimi che non noti quando ti accadono…danno un significato a tutto il resto.
H: Ohh…mi è successo, penso. Cioè, forse non lo era ma poteva esserlo.
E’ avvenuto quando avevo appena conosciuto Foxglove.
H: Abitavamo a New York, al village. Vorrei non aver mai lasciato New York. Non ho mai imparato a guidare, così a Los Angels non vado mai da nessuna parte, e come se fossi sempre rinchiusa in casa.
Bè, è successo quando abitavamo ancora nella nostra casa, che dopo venne distrutta. Ma quella è un’altra storia che è emozionante, anche se un po’ strana verso la fine. Ora che ci penso lo è anche all’inizio , e in mezzo.
Comunque.
Era l’inizio dell’estate a New York, forse fine maggio, quando fa caldo ma un caldo piacevole non afoso, e avevo il giorno libero perché eravamo…non ricordo. Stavano ristrutturando o qualcosa del genere. E Fox aveva preso un libro dalla biblioteca.
Era seduta nel parco a leggere quando sono arrivata, e ho comprato un gelato per me e per lei.
E stavo li mentre lei finiva il libro, e poi siamo andati a fare una passeggiata, o forse è meglio dire a vagare.
Ci tenevamo per mano.
E camminammo lungo stradine che non avevo mai visto, e mangiammo i gelati, e parlammo della vita.
Stupidaggini di come volevo aprire un ristorante mio, e lei parlava di scrivere le sue storie, e di fotocopiarle e attaccarle al parabrezza delle macchine e di mandarle per posta alla gente.
E poi ho cominciato a canticchiare una canzone di Elvis Costello, Hoover Factory, e pensavo di essere l’unica persona nel mondo che la conoscesse. Ma Fox ha cominciato a cantare insieme a me.
E ci siamo sedute su un muro, ci siamo abbracciate, e poi da un palazzo di fronte abbiamo sentito della musica. E non era registrata. Veniva da dei tizi che suonavano dei tamburi.
E ho guardato Foxglove ed ero così felice!....
D: Che bella storia.
H: Non proprio. Anche se così mi era sembrata fino all’anno scorso.
D: Cosa è successo?
H: Bè ero a letto con Fox e le ho chiesto, Ti ricordi della banda…?
E lei non si ricordava, non ricordava niente di quella sera. Né la banda né le chiacchiere o i baci, nulla. E mi sono sentita…
Sentita strana.
Prima mi sembrava un nostro momento speciale. Dopo…mi sentivo strana, come se dovessi prendermene cura…perché Fox non si ricordava più. E nessun altro sapeva, tranne me.
Per certe opere d'arte la parola "fumetto" è inadeguata.
Oggi mi sento strana.
Che non è la parola migliore. Mi sento anche altre cose con la s.
Da bambina facevo quel gioco. Nomi di fiori con la P, nomi di città con la M, nomi di cibi con la D.
Nomi di stati d'animo con la S.
Che poi è che...ho la vaga sensazione di deja vu...di quelle volte che penso di aver capito tutto e di aver tutto, più o meno, sotto controllo...e poi...
Quando penso di aver archiviato bene le informazioni, di averle ben bene metabolizzate, di aver chiaro lo schema...
lunedì 23 aprile 2007
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