Sono inquieta, in questi giorni.
In modo discreto. Silenzioso.
Da fuori non si nota. Ho persino smesso di far tremare la mascella, quando sono molto arrabbiata. Da fuori, riesco quasi ad apparire placida.
Solo F., oggi, al lavoro, guardandomi ha detto "a volte gli occhi ti diventano caldi come un forno acceso".
Poi mi ha spiegato che è così, che gli sembrano, alle volte. Come se bruciassero. Da dentro.
Allo specchio, i miei occhi sono castani, come quelli di mia madre.
I suoi appena più scuri, i miei di un marrone che è come scheggiato, vicino alla pupilla.
Quando sono nata i miei occhi erano a mandorla, dice mia madre, tanto allungati da risultare strani, così che mio zio vedendomi per la prima volta esclamò solo "...è strabica".
Mia madre dice che avrebbe voluto dargli un pugno in faccia. Ma che aveva le mani occupate, avendo me in braccio. E che c'era gente, intorno, così si trattenne.
Quando me lo dice, ora sorride.
Ma io mi domando se anche i suoi occhi, in quel momento, non fossero diventati caldi come un forno acceso, mentre lo guardava.
giovedì 28 gennaio 2010
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1 commento:
io quando mi arrabbio penso di averceli freddi, molto freddi (dovrei dire "come un frigorifero acceso" ma mi rendo conto che no è esattamente l'immagine giusta). quando rido, quando urlo, perfino quando mi annoio, quando prendo per il culo qualcuno per scherzo, lì no, li spalanco e li socchiudo spesso e li roteo, inconscio quanto maldestro discepolo di johnny rotten, e spesso me lo fanno notare, che non sembro normale (come se essere normali fosse un vanto); la persona normale, come è noto, guarda a mezza altezza e ha l'occhio mediamente spento. ma quando sono arrabbiato diventano come quelli di un ragioniere che distribuisce i soldi alle maestranze a fine giornata (eccola, la metafora che cercavo!!), come dire concentrati ma freddi. dopodichè, c'è sempre qualcuno che dice, cazzo sei stato un po' cattivello, e la risposta standard è scusa, mi è scappato. fortuna che la gente normale è distratta, sennò basterebbe guardarmeli, gli occhi, per capire che non è scappato nulla, ma che ogni virgola è stata frutto di una veloce, ma non per questo affrettata o irrazionale, riflessione.
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