mercoledì 6 febbraio 2008

Se il futuro mi cerca, ditegli che non sono in casa.

Il lavoro non è mai stato la priorità.
Pensavo che prima, prima ci fosse costruire qualcosa in due. Creare insieme.
Lo ricordo come se fossero passati i lustri.
Non sono nemmeno due anni, dal cambiamento.
Dal pensiero che l'unica cosa su cui posso tentare di puntare me stessa, è il lavoro.
Lavora, lavora, aggiornati e studia che se no.
Considerato che sono precaria. Considerato che a giugno scade tutto e non è molto probabile il rinnovo. Considerato che sono sempre 2 lavori e mezzo da incastrare con quell'altra strada delirante.
Quando ci rifletto un attimo mi chiedo come posso pensare di concentrarmi sul lavoro.
La risposta non è molto difficile. Non c'è nient'altro.
Era Sherlock che diceva che una volta eliminate le soluzioni impossibili, ciò che resta, per quanto improbabile, è la realtà?
Nel mio caso, resta il lavoro, per quanto improbabile.
Non mi pesa la fatica, è il continuo smottamento del piccolo risultato che pensi di aver raggiunto, a sfiancarmi. Come nuotare nelle sabbie mobili.
Però c'è di buono che la sera, quando torno a casa demoralizzata, non ammorbo nessun altro con la mia preoccupazione. Bisogna anche farsi bastare ciò che si ha, in fondo.

1 commento:

LUCA ha detto...

..come dire almeno ci fosse quel cantato amore per chi lavora!.. ;)