lunedì 13 novembre 2006

accudire e navigare

Era già l'ora che volge il disio
ai naviganti, e intenerisce il core
lo dì ch'han detto ai dolci amici addio;

Purgatorio_Canto VIII

Mi torna e ritorna in mente.
Solo questo. Credo di capire la sensazione.
Sapore metallico di naufragio nell'aria.
Forse è questo il punto, stasera.

"Batteva sul ferro e rollava il mio treno dell'addio e, signore, niente c'è di più crudele al mondo di un volto visto per l'ultima volta. In una casa vuota, in un atrio vuoto, rannicchiato e rinchiuso sul pavimento contorto nel caglio del mattino. Dopo di allora, quando il treno rolla, si fa caso a tutto... al cappello che si ha in testa, a che lacci si hanno alle scarpe, ai colori degli scialli delle ragazze zingare nel vagone. (...) I binari corrono come lame e il treno non lascia dietro altro che parole...
E anche questo significa, vedete, l'avere avuto un'epopea. Averci in corpo un dolore vero da mangiare. Da portarsi dietro come un cane e accudirselo bene, che anche di quello c'è fa temere che possa finire. "

E' tempo di novello. Anche questo è un naufragio, di quelli rosso rubino. I fondi del bicchiere mi guardano beffardi, sfidandomi.
Ma io facendo finta di niente vi mescolo e rimescolo. Prima o poi riuscirò a confondervi.
Alla salute.

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