...
Non me ne frega, se ti faccio arrabbiare, con questi discorsi, e persino se ti incazzi al punto dal non volere più parlare con me, va bene lo stesso.
Anzi, me ne frega eccome, se no non lo farei, ma corro il rischio, coscientemente.
Perché, (e qui forse mi capisci, tu che dici che bisogna farlo, se ci credi.), perché per me è giusto ed importante dirtele queste cose, è importante cercare di aiutarti anche se ho la sensazione, spesso, di stare afferrando un coltello per la lama. Ma se è l’unico modo per cercare di levartelo dalle mani, proviamo pure.
Cosa può succedere di peggiore? Spezzare quell’esile filo che mi permette di avvicinarmi a te?
Se il filo è così esile da spezzarsi per tanto poco, allora vuol dire che “il destino” ha voluto così, e che il massimo che potevo fare era questo, era lanciarti delle domande e delle considerazioni che spero non cadano nel vuoto.
Qualsiasi cosa ne nascerà, sarà comunque un risultato, perché tutto è meglio dell’immobilismo mortifero ( e morto) di un pensiero che non si rimescola mai.
Questa è solo la fine, dei due fogli dattiloscritti che riceverai domani.
Cosa dirai, non so.
Forse mi rimprovererai le parole difficili, come dici tu, mi dirai "dottoressa, però, parla come mangi!" e stropiccerai le pagine in quelle mani che sanno stringere così forte da spaccare.
Forse scuoterai solo leggermente la testa, in silenzio, infilerai tutto in tasca e ti allontanerai verso sguardi di giovanile interesse, che gratificheranno gli sforzi del tuo abbigliamento da duro.
Forse, ed è quello che spero, una delle mie tante parole ti si insinuerà dietro le palpebre, dietro lo sguardo da animale selvatico di questi giorni. E magari ti smuoverà anche solo una briciola di pensiero.
Questo è il massimo che posso fare, che mi è concesso, da te, e dalle mie umane forze, di fare.
Sia quel che sia. Io, per te, ci provo.
Per me non l'ha fatto nessuno. Magari tra 10 anni tu a tua volta. Magari.
lunedì 23 febbraio 2009
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