lunedì 10 settembre 2007

ricorrenza e mancanza

"tu hai paura di rimanere da sola".
Molto giusta come analisi per quanto la parola adatta sarebbe PER-manere, non ri-manere.
non ho paura di esserlo di nuovo, ho paura di...continuare ad esserlo, ad libitum.
Non è questione di contenuto mi si dice, ma di ricorrenza del pensiero.
Già...pensiero che ri-corre, corre e per-corre la mia mente a intervalli irregolari.
negli ultimi anni si è acuita quella terribile sensazione di vuoto intorno.
Quando abitavo più lontano, e la mia unica fonte di sostegno poteva essere quella persona...mi dicevo..."beh è normale dai, dopotutto qui non hai nessuno, la tua famiglia non c'è, gli amici nemmeno, non c'è nessuno, è normale dai."
Ora, a voler essere superficiali, i due membri che formano la mia famiglia non vivono tanto distanti, e i miei pochi amici diciamo neppure (non è vero, un paio di persone che vorrei vicine abitano distanti eccome).
Eppure eppure eppure.
non è questione di kilometri.
Sono 3 anni, sono quasi tre anni che è crollato quell'ultimo baluardo.
Prima pensavo che in fondo, in qualche modo, se avessi avuto necessità di essere me stessa senza filtro, con qualcuno, di esprimere tutto quello che sono senza paura di essere fraintesa e giudicata....pensavo che sarei potuta andare da lei.
ora non è possibile, e dirlo magari suona strano, ma non è possibile, non ci sente da quell'orecchio e i miei numerosi sbagli provano quanto sia dannoso per me anche solo fare un goffo tentativo.
E' di questo che ho bisogno, di questo sento la mancanza.
non è la ricorrenza, è il contenuto in realtà.
O forse entrambi, lo stesso contenuto che ricorre.
Non c'è nessuno. Basta fare una breve conta: in famiglia, nessuno. Per ovvi e validissimi motivi non si può contare su.
Amici, per altri validi motivi (non ultimo il mio carattere), pochi e impegnati a barcamenare le loro vite (quasi tutte in procinto di "salti" non indifferenti, convivenze figli assunzioni strane e così via), per cui privi di tempo/energie per ricevere qualcosa di diverso da un sorriso, da me.
Non c'è nessuno con cui possa essere me stessa davvero, con cui possa lasciarmi andare sapendo che per una volta sarò io ad essere contenuta. Piangere, ridere, abbracciare, parlare.
c'è sempre qualcosa che infastidisce, che viene frainteso, che spaventa.
Bisogna stare attenta, non mostrare troppo, non far vedere le crepe, non dimostrarsi meno stabile di una colonna dorica se no sei una delusione.
Tutto deve essere sfumato, la mia indole di istinti e manifestazioni spontanee deve frenarsi sempre, perchè tutto è eccessivo.
Ogni volta che trapela un po' di più, non va bene. Genera fuga.
Si tratti di una lacrima o di un'affermazione di affetto.
Si tratti di un momento di entusiasmo o di sconforto.
Sono stanca di questo. forse non sono forte, tutto qui.
Magari c'è gente brava e così autonoma da farcela sempre senza mai doversi appoggiare, ma io non sono così. Evidentemente sono meno di quanto dovrei. Non lo so.
So solo che non ne posso più, e che si fa sempre più pressante, questa sensazione dolorosa. Ed è sempre più difficile spiegarla, trovare le parole giuste. Mi manca avere ancora qualcuno che mi voglia bene pur conoscendomi davvero. Qualcuno che non si ritragga appena le cose escono dal suo schema.
Forse nessuno può amarti in un modo del genere, tranne...o forse la penso così perchè quell'amore mi manca da morire, perchè è un pezzo grande che manca e che manca sempre di più man mano che si sclerotizza questa situazione che pare sempre più irreversibile.
E' una cosa stupida, probabilmente, o solo da deboli, non lo so, e tanto comunque sia...è. E' quella sensazione notturna di quando sto male e penso che l'unico numero che si può fare è quello del pronto soccorso. esempio semplice ed efficace. Provare per credere.


"Mi manca Lenore, qualche volta. mi manca chiunque. ricordo quando ero giovane e avvertivo una sensazione e la identificavo come nostalgia di casa, e poi pensavo che era proprio strano, visto che a casa ci vivevo. Che diavolo di conclusione trarre da tutto questo?"

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