domenica 16 maggio 2010

pensiero

Oggi, quando la scala si è piegata facendomi cadere, ho pensato alla morte.
E' una di quelle scale leggere, pieghevoli, che quando la apri per bene arriva coi pioli abbastanza in alto perchè persino io, nella mia piccolezza, possa raggiungere e cambiare una lampadina.
Avrei dovuto bloccarla meglio, ci sono i ganci apposta per impedire che si ripieghi in momenti inopportuni, tipo quando ci stai salendo sopra.
Sono troppo distratta. A cosa pensavo mentre la piazzavo? Non lo so, non ricordo.
Probabilmente al fatto che soffro un po' di vertigini, e che quella scala ha i pioli troppo stretti.
Ricordo però cosa ho pensato subito dopo, quando mi sono ritrovata ad annaspare per un attimo e poi giù per terra.
Ho pensato alla morte. Non che la caduta potesse essere letale, a meno di una grande, grandissima sfortuna.
Non so nemmeno perchè ci ho pensato, ma so che mi capita.
Mi capita di pensarci, e di fare un breve inventario di chi potrebbe soffrirne, o di chi sentirebbe la mia mancanza.
O di quanti giorni passerebbero prima che la cosa si sapesse. Penso a chi è importante per me, mi preoccupo all'idea che quelle poche persone non lo sappiano, non vengano informate.
Come se potessero farci qualcosa, sapendolo. Eppure, quando penso alla morte, mi preoccupo moltissimo di questo. Chissà perchè.
A volte compilo una lista, lascio qualche istruzione, nel caso in cui.
Non si tratta di scaramanzia, è più un bisogno di rassicurarmi, credo. Mi tranquillizza pensare che in qualche modo sarebbe come salutarle, quelle persone lì. Quelle da avvertire, quelle a cui telefonare. Quelle a cui dire anche solo che avevo scritto il loro nome.

1 commento:

TRAVISBICKLE ha detto...

sono pensieri che capitano anche a me ogni tanto. più che altro vedo il mio funerale. penso che sarebbe un problema, perchè io non faccio parte di questa chiesa, nè di nessun'altra. vedo i miei distrutti, tipo mia mamma in trance lacrimosa e mio papà impietrito, vedo i miei amici quelli veri, divisi fra compagni di classe, tipi del paese, comagni di università, vari ed eventuali. vedo i parenti al gran completo sostenere i genitori inconsolabili, con poco successo. vedo anche un po' di ragazzi della mia età che magari conosco poco, cioè li saluto se li vedo per strada, ma sono venuti lo stresso. chi per curiosità, chi perchè è un'occasione come un'altra per mostrare il vestito elegante. qualcuno piange a dirotto e, come dire, non ha titolo per farlo. mia mamma neanche se ne accorge, tanto è sconvolta, mio papà invece sì e l'impulso che gli viene è saltargli addosso e darglielo lui, un buon motivo per piangere, magari con qualche dente in meno. ma non lo fa. si controlla. poi immagino che nel posto dove mi mettono i miei vengono a trovarmi quasi sempre e spesso anche gli amici, quelli fraterni che ogni tanto ci penso e non sono neanche pochi. questo a mia mamma dà un po' di piacere e sollievo, e anche a mio papà, che però lui lo sa un po' meglio di chi posso fidarmi e di chi no, quindi per lui non è così una sorpresa. sono incubi, da cui mi sveglio bestemmiando ripetutamente per riprendermi bene, e poi cercando di fare un po' incazzare i miei per farli riprendere (nota: dal dolore che avevano nel mio sogno perchè io ero morto mentre nella realtà io non sono morto e quindi non si devono riprendere da nessun dolore): tipo lasciando aperte tutte le porte, o spiegazzando la pedana, cose così. comunque io adoro gli who, ma spero ugualmente di morire bello vecchio, e magari solo, con tutti quelli veramente importanti ormai già andati da un po', e al massimo qualche nipote non troppo interessato che telefona alla moglie: "è morto mio nonno, poveraccio, arrivo a casa fra un'oretta". così la morte sarà una cosa del tipo: "finalmente, che due palle, non ne potevo più". una cosa liberatoria, ecco. che sai che non lasci niente di bello e importante in sospeso. e che quello che dovevi fare, l'hai fatto, magari neanche male. spero che mi seppelliscano nel paese dove sono nato, e da una camera da letto del quale sto scrivendo ora.
mi tocco e mi corico, che domani mi aspetta un lunedì di studio intensivo, la giusta punizione per aver a suo tempo rifiutato un ventuno (povero illuso, in cinque giorni è impossibile preparare un esame come diritto civile 1. soprattutto se i primi due li passi a grattarti). buena noche companera...