Incredibile come un monosillabo così semplice generi tanto fermento.
Basta scriverlo da qualche parte, che si scatena la ridda delle ipotesi.
Chi è "tu"? Sono io, sarà lei, è forse lui?
Basta scrivere "tu" e scopri che un sacco di gente si sente chiamata in causa, anche la più improbabile.
Qualche anno fa utilizzavo facebook. Non è che stessi molto lì a pensare, quando qualcuno che conoscevo mi chiedeva "l'amicizia" accettavo. Poi interagivo molto poco, e finiva che più che altro ogni tanto spadellavo una frase in "il mio stato" o qualcosa del genere.
Una cosa molto autistica e autoriferita, a dire il vero.
Insomma, una volta avevo in mente un pezzetto di canzone di Nacho Vegas, esimio cantautore spagnolo.
Mi piaceva molto. Ecco. Copia incollata su facebook. Passa qualche giorno.
Ricevo una mail da un conoscente che non sentivo da mesi, al momento residente in Spagna pur se nativo di altro luogo, il quale mi domandava quale fosse il significato del brano, che CHIARAMENTE doveva essere per lui. Era persino un po' preoccupato del non averlo capito da solo, il motivo di quel criptico "saluto".
Non è stato questo il motivo per cui ho eliminato facebook, ma ricordo che mi colpì questa cosa.
Mi fece pensare che forse non ero l'unica a sentirsi chiamata in causa anche un po' a caso, o per "codadipaglismo", o per errata percezione della realtà.
Di cosa mai poteva sentirsi in colpa una persona con cui avevo scambiato tutt'al più un po' di chiacchiere in un pub? Cosa mai potevo volergli comunicare, con una tristanzuola ballata spagnola? E perchè essere così criptica, e non mandargli direttamente un messaggio?
eppure lui si era preoccupato.
Forse è solo che devo stare attenta, quando scrivo, e che devo pensare anche a dove scrivo.
E a chi legge. E a un sacco di altre cose.
Troppe.
Credo che continuerò a fare come mi viene, e a lasciare che chi vuole sentirsi un "tu" lo faccia, se la cosa lo/la fa stare bene. Se invece genera sofferenza...permettimi di rassicurarti, tu che ti senti "tu": non stavo parlando con te. Non sei tu a farmi dire cose tristi brutte o cattive. Sul serio. Non parlavo di te.
lunedì 26 marzo 2012
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3 commenti:
Sono e resto molto attento a certe riflessioni. I cosiddetti network sociali, a parte quelle piccole isole dove gruppi di amici, insieme, si ritrovano un po' per organizzare le proprie serate, per il resto alimentano e portano nuovi "articoli" alla fiera delle illusioni. Il termine "amicizia" viene utilizzato con poca parsimonia e, molto probabilmente, questo è il prezzo, il contrappasso al bisogno smodato, quasi folle, di relazione con l'altro; e di relazione di senso. Sul blog "la cognizione del dolore" di A., quella riflessione sul "Tu" (la profezia che si autoavvera?) non poteva che sollecitarmi nella riflessione. Effettivamente, quando giungono post, su fb in particolare, che possono in qualche modo trovare un aggancio, l'immaginario, quell'anormale fantasia che assume tratti schizoidi, forse il bisogno di senso in un conflitto, quello sì reale, che ti vede perdente, diventano scenario per un sogno, per una possibilità che (nella maggior parte dei casi e per fortuna) si conchiude nella sfera del virtuale. Ecco, allora che se vivi ad esempio, una grande crisi coniugale (quasi senza possibilità di margini di soluzione), accade allora che un post scritto in prima persona da chi non hai mai davvero conosciuto, diviene contenuto a te rivolto (pur non essendo vero). Ma si tratta di un tentativo innocuo di porre un argine alle frustrazioni, di costruire, nel sogno, un'alternativa, una possibilità ulteriore. Sai che non è vero, ma ti fa piacere pensare e sognare che lo sia. Allora, quel post è alimento e speranza per un forse, per un poi, per quella voce che dice a te stesso "vedi, forse domani sul serio qualcuno potrà essere reale e quelle parole carpite, quasi fossero a te dirette, lo saranno davvero". Questo è quello che accade quando si riceve un "Tu" a degli "Io" che si sono persi alla fermata perdendo il famoso treno e, ora, nella stazione si girano intorno, tra i binari, alla ricerca di un qualcosa che neppure loro riescono a comprendere ben bene. Perché, è il caso di dirlo, si è in fin dei conti consapevoli che nulla può nascere senza che il tempo e lo spazio diano alla relazione umana il suo prezioso contributo.
PS. AVEVO SBAGLIATO A POSTARE INSERENDO QUESTO COMMENTO NELL'ALTRA RIFLESSIONE. ME NE SCUSO
Come sempre, i tuoi commenti sono molto più profondi di quanto non siano i miei post che li ispirano...
Grazie.
A.
è solo che in certi monenti siamo tutti un po' più vulnerabili....è allora che può scattare l'autoriferimento. Un saluto da L.
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